“All’Est intendiamo scrivere la storia”, ripetono all’unisono i capi dell’Afd, il partito dell’ultradestra tedesca. Perché è qui, alle elezioni in Sassonia, Turingia e Brandeburgo, che tutta la Germania sta volgendo il suo sguardo, perché è qui che la formazione nazional-populista uscita come terza forza politica dalle urne federali nell’autunno 2017 vuole giocarsi il tutto per tutto: cominciando dalla Sassonia, dove si voterà a settembre e dove a detta dei sondaggi il cristiano-democratico Michael Kretschmer potrebbe perdere la sua maggioranza, con l’Afd che viene data con risultati superiori al 25% dei voti.
“In Sassonia abbiamo una reale possibilità di diventare la prima forza politica”, ha già provveduto a dire il leader della formazione nazional-populista, Alexander Gauland. A Berlino, sia in cancelleria che nelle centrali dei partiti della Grosse Koalition (Cdu/Csu ed Spd) si prende nota. Nei sei mesi prima di andare alle urne, l’Afd ha messo in programma ben 800 eventi di campagna elettorale.
Partita con il destino
Una “partita con il destino”, la chiamano loro, con oltre un milione di euro che i vertici del partito hanno deciso di investire – a quanto scrive lo Spiegel – nelle campagne elettorali dei tre Laender dell’ex Ddr, cercando al contempo di far scivolare in secondo piano le accuse di fondi neri ricevuti dall’estero a favore dell’altra leader del movimento, Alice Weidel. D’altronde, lo scenario dei sondaggi è in tutto favorevole all’Afd: in Brandeburgo insidia il primo posto alla Spd con il 23% delle preferenze, in Turingia viaggia intorno al 22%, con un solo punto di distacco rispetto alla Cdu di Frau Merkel. Per di più, gli esperti avvertono che spesso le rilevazioni demoscopiche sottostimano l’ultradestra: molte delle persone interpellate non dichiarano che voteranno Afd.
Complessivamente, il potenziale dell’ultradestra nei Laender dell’Est è dato intorno al 25%, e la strategia del movimento guidato da Gauland e Weidel non cambia: il tema principale è quella dell’“immigrazione di massa”, dalla quale deriverebbe un aumento drastico della criminalità. Temi che fanno presa su ampie fette di elettorato, anche quando non sono confortati da cifre e statistiche solide. Per il resto, il leader in Sassonia della Afd, Joerg Urban, ripete di “non credere ai cambiamenti climatici” e di essere contrario all’uscita della Germania dal carbone.
Il controverso signor Hoecke
In Turingia il “frontman” dell’ultradestra è uno dei suoi esponenti più controversi, ossia il capogruppo Bjorn Hoecke, che due anni fa fece furore per un discorso in cui aveva definito un “monumento della vergogna” il Memoriale dell’Olocausto di Berlino, chiedendo in sovrappiù una revisione “a 180 gradi” della cultura della memoria in Germania. Insomma, viene accusato di essere, come minimo, “sensibile” all’ideologia e alle parole d’ordine del Terzo Reich: il problema è che, nonostante un tentativo (fallito) di espellerlo dal partito, Hoecke è una delle personalità più popolari dell’Afd.
In Turingia si voterà a fine ottobre: e, dicono molti analisti, se qui l’ultradestra dovesse uscirne trionfatrice tutto il partito potrebbe essere sospinto verso la sua anima più nazionalista e radicale. E questo nonostante “l’osservazione” degli 007 del “Verfassungsschutz”, ossia l’Ufficio per la difesa della Costituzione. Gauland non ha mancato di difendere il suo uomo in Turingia: “I nostri militanti sanno bene che i servizi segreti interni sono diventati uno strumento di lotta politica. Essere nel loro mirino potrebbe anche essere un vantaggio per noi”.
La Germania verso una nuova frattura?
Storia non dissimile in Brandeburgo: anche qui il capogruppo Andreas Kalbitz è considerato un esponente di punta dell’ala nazionalista, tanto che durante le manifestazioni di Chemnitz dello scorso agosto – culminate in una vera e propria “caccia allo straniero” con vari atti violenti e assalti annessi – è stato visto marciare al fianco di estremisti indicati dalle forze di sicurezza come ai limiti dell’eversione. Anche lui pensa che nel suo piccolo Land l’Afd possa diventare la prima forza: “È probabile che gli altri partiti vogliano mettere insieme una colorata coalizione-farfalla contro di noi”, dice Kalbitz. “Uno scenario che alla lunga finirà per favorirci”.
Non è un caso che i grandi partiti, la Cdu della neo-leader Annegret Kramp-Karrenbauer in testa, ripetano incessantemente che non ci potrà mai essere alcuna forma di alleanza con l’Afd. Potrebbe non bastare: soprattutto se la Germania un tempo divisa in due dalla cortina di ferro dovesse tornare a spaccarsi di nuovo, questa volta sotto le insegne dell’ultradestra populista.