L’Arabia Saudita ha reclutato bambini nella regione sudanese del Darfur, devastata da un sanguinoso conflitto pluridecennale, per combattere in prima linea nello Yemen. La terribile accusa proviene dal New York Times, e se confermata sembra essere destinata a danneggiare ulteriormente l’immagine del regno saudita, già scossa dal caso Khasshoggi.
Il prezzo della vita di un ragazzo
Riad, scrive il quotidiano americano, avrebbe offerto alle disperate famiglie sudanesi ben 10mila dollari per arruolare i propri figli nella guerra che da quattro anni vede una coalizione a guida saudita a sostegno del governo riconosciuto dalla comunità internazionale contro i ribelli houthi.
Il Sudan fa parte della coalizione a guida saudita e ha inviato migliaia di uomini in Yemen.
Spinti tra le braccia dei reclutatori
Cinque combattenti sudanesi che hanno fatto ritorno dallo Yemen hanno dichiarato al New York Times che i bambini costituivano tra il 20 e il 40 per cento delle loro unità nel conflitto. Molti di loro avevano un’età compresa tra i 14 e i 17 anni, secondo il rapporto, e spesso sono stati mandati in guerra dai loro genitori, alcuni dei quali erano così ansiosi di ottenere il denaro che hanno corrotto i funzionari militari per lasciare che i figli andassero a combattere.
“Le famiglie sanno che l’unico modo che potrebbe far cambiare le loro vite consiste nel far combattere i propri figli e ottenere in cambio i soldi” ha dichiarato sempre al New York Times Hager Shomo Ahmed, reclutato nel 2016 a soli 14 anni per combattere in Yemen.
Dall’inferno del Darfur
I militari sudanesi impegnati in Yemen sarebbero stati in tutto 14mila, secondo quanto reso noto dal quotidiano statunitense. Sempre secondo i dati che hanno rivelato, quasi tutti questi combattenti proverrebbero dalla regione particolarmente povera del Darfur, dove circa 300mila persone sono state uccise soprattutto dopo che gruppi di ribelli non arabi si sono alleati contro il governo sudanese nel 2003.
Un portavoce della coalizione guidata dai sauditi ha negato il reclutamento di bambini sudanesi con una dichiarazione al New York Times in cui ha etichettato le accuse come “fittizie e infondate”.