Il primo episodio era avvenuto lo scorso 1 dicembre nel vicino Belgio, quando, a Bruxelles, centinaia di dimostranti erano arrivati sotto gli uffici del premier, Charles Michel, protestando contro il caro vita. Indosso avevano il gilet giallo, l'emblema della rivolta che ha infiammato per settimane la Francia, costringendo Emmanuel Macron ad ascoltare le richieste dei cittadini che domandavano una marcia indietro sui rincari del carburante. L'ultimo è accaduto stamane a Londra, dove alcuni euroscettici radicali, vestiti dello stesso indumento catarifrangente, hanno bloccato il ponte di Westminster per manifestare contro l'accordo sulla Brexit raggiunto tra il governo May e Bruxelles, giudicato troppo morbido.
Dopo quella del 1789, che cambiò l'Occidente per sempre, e il maggio francese, che fece altrettanto, Parigi ha esportato un'altra rivoluzione? Di certo ha esportato un simbolo, che sta venendo adottato in sempre più Paesi al servizio di cause solo apparentemente slegate tra loro. Cosa hanno in comune l'estrema destra tedesca, i fautori della 'Hard Brexit', gli allevatori polacchi e i gilet gialli originali (la cui base ha saputo evitare eccessive strumentalizzazioni politiche, raccogliendo sia sostenitori della sinistra radicale che elettori di Marine Le Pen)? Hanno in comune l'opposizione alla globalizzazione e alle sue conseguenze, come l'impoverimento delle classi medie europee.
Popolo contro élite: il nuovo paradigma
La stessa protesta francese ha assunto il significato più ampio di mobilitazione contro il governo ma, già nella sua premessa originale, incarnava la contrapposizione tra il "sopra" e il "sotto", tra il centro e la periferia, tra il popolo e le élite, che sta animando questa fase politica in Occidente. Il rincaro del carburante ha infatti conseguenze pesanti sul portafoglio di quei lavoratori che vivono in località remote, senza trasporti pubblici, e sono costretti a macinare ore di autostrada ogni giorno per andare e tornare da lavoro. Macron non l'aveva capito, rafforzando la propria immagine di simbolo delle suddette élite, ed è stato costretto a mostrarsi comprensivo di fronte a tanta rabbia.
Chi ha guardato il "discorso alla nazione" del mea culpa non può non notare quanto il presidente francese sembrasse genuino nella sua confessa mancanza di comprensione di cosa stesse avvenendo. Per questo le vicende transalpine sono tanto paradigmatiche.
Gli epigoni italiani
In Italia, con un governo dichiaratamente anti-establishment, di gilet gialli si dovrebbe sentire meno il bisogno. Eppure, poco dopo i primi focolai in Francia, è sorto un nebuloso "coordinamento italiano", il cui leader (che abbiamo intervistato) è un ex del Movimento 5 stelle, espulso per una faccenda di rimborsi non pagati. Non solo. I gilet gialli sono stati adottati, a Milano, come simbolo di protesta contro il governo dagli studenti, gli stessi che hanno bruciato un manichino di Salvini additandolo negli striscioni, attenzione, come simbolo delle "élite". I ragazzi si sono poi inginocchiati in solidarietà con gli studenti francesi costretti dalla polizia a mettersi in ginocchio, in immagini che hanno fatto il giro del mondo.
Gilet giallo, cuore nero
Piccole manifestazioni pacifiche di gilet gialli si sono svolte anche in Olanda, sull'onda di quelle avvenute in Belgio, e in Canada, per protestare contro la 'carbon tax'. In Serbia l'utilizzo dell'indumento ha avuto più volti. Da una parte, a Belgrado, un movimento per i diritti civili lo ha adottato per protestare contro gli sfratti. Dall'altra, il partito di estrema destra serbo Dveri si è appropriato dell'emblema per una mobilitazione antigovernativa che ha avuto come pretesto il caro carburante. In Germania, finora, è solo la destra radicale ad aver manifestato con i gilet gialli, come, lo scorso 3 dicembre, a Berlino, dove il movimento anti-islamico Pegida ha sfilato davanti alla Porta di Brandeburgo contro il pericolo di "islamizzazione dell'Europa". In Polonia, invece, il gilet giallo è stato indossato dagli agricoltori che protestavano contro gli insufficienti controlli sulle importazioni di carne di maiale, a fronte dell'epidemia di febbre suina. Anche qua, a guardar bene, c'entra la globalizzazione.
I 'gilet rossi' della Tunisia
Il simbolo ha attecchito anche in Medio Oriente. A Bassora, in Iraq, è stato lo stendardo di una manifestazione contro il caro vita sedata brutalmente dalle forze dell'ordine. In israele quasi 250 manifestanti si sono riuniti ieri a Tel Aviv di fronte agli uffici del governo, indossando i giacchetti catarifrangenti e creando problemi alla circolazione. Anche qua il motivo della protesta era l'aumento dei prezzi.
In Tunisia invece il gilet dei dimostranti è rosso, in memoria delle vittime delle repressioni dell'unica Primavera Araba che ha avuto uno sbocco democratico. “Noi, un gruppo di giovani tunisini, annunciamo ufficialmente il lancio della campagna #GiletRouge per salvare la Tunisia dall’assenza di credibilità e visione dell'attuale classe politica, che ha approfondito il divario tra il popolo tunisino e la classe dirigente”, si legge nella nota che oggi ha sancito la nascita del movimento, che si impegna per “una protesta civile pacifica nell'esprimere opinioni e rigettare la realtà esistente”.
Le autorità tunisine hanno sequestrato ieri nella località di Sfax almeno 50 mila gilet rossi e di altri colori provenienti dall’estero. Il carico si trovava all'interno di un magazzino di proprietà di un uomo d’affari locale, secondo cui gli indumenti erano destinati ad alcune compagnie petrolifere ed erano stati ordinati prima delle proteste in Francia. La procura della città ne ha disposto il dissequestro, ma l’azione della polizia mostra quanto le autorità temano nuove proteste.
E in Egitto al-Sisi ne proibisce la vendita
In Egitto si è cercato di risolvere il problema alla radice vietando la vendita di gilet gialli fino alla fine del mese prossimo. Le autorità guardano con timore al 25 gennaio, l'anniversario dell'inizio della rivolta del 2011 che portò alla fine del regime di Hosni Mubarak. Funzionari della sicurezza hanno dichiarato al Guardian, a condizione dell'anonimato, che i venditori di attrezzature industriali hanno ricevuto istruzioni per limitare la vendita di giubbotti catarifrangenti gialli a società all’ingrosso verificate e che abbiano ottenuto uno specifico permesso dalla polizia.
Sei rivenditori in un’area del centro del Cairo, dove sono concentrati i negozi di abbigliamento da lavoro, hanno dichiarato di non vendere più giubbotti gialli. Sentiti dal Guardian, due non hanno voluto dare spiegazioni e altri quattro hanno parlato di una specifica direttiva della polizia. “Sembra che non vogliano succeda quello che è in corso in Francia” ha dichiarato un commerciante.
E c'è già un primo arresto. Lo scorso 12 dicembre la procura di Alessandria ha ordinato una detenzione di 15 giorni per un avvocato e attivista che ha indossato un “gilet giallo" per solidarietà con i manifestanti francesi.
Secondo l’attivista egiziano Mahienour El Masry, Mohamed Ramadan è stato arrestato nella città settentrionale e in seguito portato in tribunale per avere pubblicato una foto che lo ritraeva con il simbolo delle proteste in corso in Francia. Le autorità hanno considerato la foto un incentivo ad animare proteste simili, e il legale incarcerato è stato anche accusato di “diffondere notizie false e l'ideologia di un gruppo terroristico".