In un anno l'Amazzonia ha perso quasi 8 mila chilometri quadrati di foresta tropicale, circa cinque volte la superficie di Londra. Tra agosto 2017 e lo scorso luglio il disboscamento è aumentato del 13,7%, il tasso più alto dell'ultimo decennio. Il dato allarmante, ottenuto sulla base di immagini satellitari, è stato diffuso da fonti governative.
Gli Stati più colpiti sono quelli del Parà e del Mato Grosso - primo produttore brasiliano di cereali - dove l'espansione dell'agricoltura mette in pericolo la foresta tropicale. Il ministro dell'Ambiente Edson Duarte denuncia "un'impennata del crimine organizzato" nella deforestazione illegale, auspicando "l'ampliamento della battaglia contro le violazioni ambientali e in difesa dello sviluppo sostenibile del bioma". Nonostante il dato negativo, fonti locali evidenziano che il dato peggiore risale al 2004, anno in cui più di 27 mila chilometri quadrati sono stati disboscati, l'equivalente del territorio di Haiti. Rispetto a quel periodo, la deforestazione è diminuita del 72%.
L'incognita Bolsonaro
Osservatori e ambientalisti temono un ritorno al passato sotto la presidenza di Jair Bolsonaro che durante la campagna elettorale non è certamente apparso un difensore dell'ambiente. Il suo programma prevede tra l'altro la fusione dei ministeri dell'agricoltura e dell'ambiente, la perdita di potere dell'agenzia per l'ambiente e una riduzione delle multe per chi danneggia la foresta amazzonica.
Il nuovo presidente del Brasile ha annunciato il via libera ad un'autostrada che taglierà in due l'Amazzonia e intende dare il proprio consenso all'apertura di miniere ed altre attività commerciali nelle zone abitate da indigeni (il 13% del territorio nazionale), facilitare al massimo le licenze per abbattere la foresta amazzonica oltre a stringere alleanze con i produttori di carni bovine e bandire dal Paese le Ong ambientaliste internazionali. Nondimeno, l'ex militare ha fatto sapere, una volta eletto, che intende mantenere il Brasile dentro l'accordo di Parigi sul clima.