Drammatico appello all'Italia del marito di Asia Bibi, la donna cristiana, mamma di cinque figli, la cui assoluzione dalla condanna per blasfemia in Pakistan ha scatenato la rabbia degli islamisti locali. Ora Bibi rischia ancora a causa della decisione delle autorità di aprire a una revisione della sentenza della Corte Suprema, su pressione degli estremisti che hanno manifestato per chiedere l'esecuzione della donna.
“Il governo italiano aiuti la mia famiglia a uscire dal Pakistan", ha detto raggiunto telefonicamente dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. "Io e la mia famiglia in Pakistan siamo in pericolo", ha aggiunto. Ashiq Masih ha già chiesto asilo al Regno Unito, al Canada e agli Usa per motivi di sicurezza: "Siamo estremamente preoccupati, la nostra vita è in pericolo: in questo momento abbiamo difficoltà anche a trovare da mangiare".
L'uomo, insieme a una figlia minore, a febbraio è stato in Italia, per l'evento organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre in occasione del Colosseo illuminato di rosso per ricordare il sangue dei martiri cristiani; e aveva anche incontrato Papa Francesco. "È molto importante - ha aggiunto - che la comunità internazionale e i media continuino a mantenere l'attenzione sul caso per mantenere in vita Asia".
La fuga dell'avvocato
Gli islamisti avevano bloccato per tre giorni il Paese protestando contro la decisione dei giudici dell'Alta Corte di liberare la donna cristiana, madre di cinque figli, condannata a morte nel 2010. Le parti hanno concordato durante la notte che Asia Bibi non potrà lasciare il Paese fino a quando la decisione della Corte Suprema non sarà riesaminata. Nel frattempo il suo avvocato, il musulmano Saif-ul-Mulook, ha lasciato il Pakistan perché "teme per la vita", specie dopo che le autorità non gli hanno concesso alcuna protezione. Ha promesso però che da lontano potrà "difendere meglio Asia".
L'inizio del dramma
Il calvario di Asia Bibi, contadina di Ittanwali nel Punjab, inizia nel 2009. Durante una giornata passata a lavorare nei campi, due vicine si rifiutano di bere alla fontana dove ha bevuto lei. È cristiana, quindi è impura. Secondo alcune versioni lei avrebbe offerto dell’acqua, secondo altre le vicine avrebbero rifiutato un bicchiere perché reso impuro dal contatto con le sue dita. Ma le versioni sono divergenti, ed è questo che oggi le ha salvato la vita: nessuna è stata giudicata attendibile.
DI certo c’è che si scatena un litigio. Le vicine si rivolgono all’imam del paese, che non ha assistito alla scena ma che fa proprie le accuse di blasfemia lanciate contro Asia. La quale rischia l’immediato linciaggio, e poi viene arrestata. Passerà in prigionia quasi dieci anni.