Durante la campagna elettorale per il referendum sulla Brexit, il fronte del 'Leave' aveva promesso agli elettori che il Regno Unito, una volta uscito dalla Ue, avrebbe avuto di fronte a sé un brillante futuro da potenza mercantile indipendente.
Theresa May avrebbe scoperto presto che le cose non sarebbero andate in questo modo, anzi. Le sue missioni all'estero, dal Giappone agli Stati Uniti, per cercare nuove intese commerciali, sono finite tutte con l'interlocutore di turno che rimandava la questione alla conclusione della trattativa per il divorzio da Bruxelles, trattativa che è sempre più probabile si concluda con un 'no deal'.
È faccenda ancora più complessa il rientro della Gran Bretagna nel Government Procure Agreement dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), ovvero l'intesa tra 46 nazioni sul vicendevole accesso alle gare di appalto pubbliche. Si tratta di uno dei tanti accordi dei quali Londra fa parte in quanto membro dell'Unione Europea e che dovranno quindi essere rinegoziati una volta consumata la Brexit.
Un problema di documenti
La procedura per un nuovo patto, avviata nei mesi scorsi, era già stata complicata dai dubbi degli Usa e di altre nazioni, come Israele e la Nuova Zelanda. Il problema? La documentazione fornita dalla Gran Bretagna è insufficiente. Anche, si capisce, per le incertezze sulle dinamiche dell'uscita di Londra dalla comunità europea. Fin qui non si tratta però di ostacoli insormontabili. Impossibile da superare potrebbe rivelarsi invece il veto minacciato dalla Moldavia in virtù di un recente sgarbo del quale a Downing Street si erano forse già dimenticati ma che a Chisinau ricordano invece benissimo.
Gente che non dimentica
Cosa era accaduto? Lo scorso anno Corina Cojocaru, delegata moldava alla Wto, si era vista negare il visto per la Gran Bretagna, dove si stava recando per discutere un nuovo trattato commerciale post-Brexit. Uno sgarbo forse dovuto, chissà, a un senso di superiorità ormai anacronistico. "Non riuscii a ottenere il visto e il passaporto diplomatico per andare a Londra a negoziare su mandato del governo", ha spiegato Cojocaru in un'intervista a Bloomberg, "nessuno ci ha ascoltato per sei o sette mesi".
Un affronto che potrà costare al Regno Unito l'accesso a un mercato da 1.700 miliardi di dollari, nel quale gli Usa contano per circa la metà. Il ministero dell'Interno britannico non ha voluto rilasciare commenti. Non è solo una questione personale. Se la delegazione moldava non è riuscita ad avere un visto in tempo, spiega Cojocaru, come potrà pensare la piccola repubblica tra Romania e Ucraina di competere con nazioni che Londra tratta presumibilmente con meno snobismo?
La questione sarà sul tavolo della Wto il prossimo 27 novembre. Nel frattempo il governo di Londra ha dovuto chinare il capo e contattare la controparte moldava per riaprire i canali di dialogo e, si suppone, chiedere scusa. "Il ministero per l'immigrazione del Regno Unito ha contattato il nostro ambasciatore a Londra", ha fatto sapere Cojocaru, "spero riusciranno a trovare un compromesso". In caso contrario, per il governo May sarà un'altra lezione di umiltà. E di quelle belle costose.