L’uomo cui Emmanuel Macron affida le sorti incerte della sua presidenza ha 52 anni, viene dall’ala moderata del Partito Socialista Francese e, soprattutto, ha il passo sicuro di chi cresce lentamente, ma inesorabilmente.
È così che Christophe Castaner, neonominato ministro dell'interno, sta diventando l’uomo più potente di Francia. Più del suo primo ministro, Edouard Philippe, incapace di assumere un ruolo di primo piano. Più, forse, dello stesso Presidente, i cui sondaggi navigano da troppo tempo attorno alla boa del 30 percento di gradimento.
Un rapporto iniziato nel 2013
Si dice che attendesse la nomina, forte di una scommessa con la vita, già da due anni, tanti quanti ne sono passati dal trionfo elettorale di En Marche, la creatura politica che ha permesso a Macron l’ascesa all’Eliseo. Una creatura politica che proprio in Castaner ha uno dei suoi creatori.
L’incontro con Macron risale al 2013, nel pieno della grigia era di Francois Hollande. Se Macron è genericamente un moderato, Castaner è esponente dell’ala rocardiana del partito, quella che ha impostato in chiave migliorista l’agenda del governo francese ed ora rischia, di fronte ai pencolamenti presidenziali che stanno spostando la barra a sinistra, di rimanere isolata.
In marcia verso il potere
Al momento di abbandonare un Psf rantolante, Macron e Castaner sono sulla stessa barca. Anzi, insieme montano le assi di un velierio affusolato e leggero come il nuovo partito che, nel giro di pochi mesi, si impossessa della politica francese. Prima l’Eliseo, poi la fiammata alle politiche: En Marche si presenta come l’onda del futuro.
Qua però accade qualcosa di inaspettato, anche se logico. Dopo il doppio successo, di cui Castaner è stato parte attiva (uomo comunicazione di un candidato che della strategia comunicativa è molto debitore) manca la promozione. Ossia: c’è, ma non è quella. Castaner entra nel governo, e persino con un doppio incarico: portavoce e ministro per i rapporti con il Parlamento. In Italia c’è un solo caso del genere: Giuliano Ferrara ai tempi dei trionfi del primo governo Berlusconi.
Ma due medaglie non sono abbastanza, se non sono quella che si sperava di ottenere. Tanto che lui confida, riferendosi all’uomo che occupa la poltrona che voleva lui: “Quando Collomb se ne andfrà, il Presidente della Repubblica ed il premier andranno sceglieranno tra due tipi di profilo. Il primo quello di un fedele al Presidente, il secondo quello di un servitore dello Stato”. Inutile die che lui si vedeva nella prima categoria.
Alla corte di Re Luigi
Ad ogni modo, negli ultimi mesi ha cercato di accreditarsi anche come uomo di Stato, capace di affrontare di petto i grandi problemi. Così si è trasformato, con passi felpati, in un grande consigliere su tutto quello che più premeva ad un Macron colto dalla sindrome di Hollande: l’indecisione cronica. Una sorta di Richelieu di un Luigi XIII stanco e sfibrato.
Da ultimo lo scatto verso la poltrona che, andando ad un precedente di non molto tempo fa, servì a Nicholas Sarkozy per l’ultimo grande balzo della sua carriera politica. Dovrà affrontare due appuntamenti pericolosissimi: le europee di primavera e le amministrative del 2020.
“L'esperienza dimostra che, se si prevede da lontano il disegno che si desidera intraprendere, si può agire con rapidità una volta venuto il momento di eseguirlo”. Lo diceva, per l’appunto, Richelieu. Qualcuno, quattro secoli dopo, ha saputo ascoltare.