Una Brexit senza accordo "è uno scenario più probabile che mai", ha avvertito l'Unione europea nel giorno in cui la premier britannica, Theresa May, ha dovuto affrontare il malumore della Camera dei Comuni per l'andamento dei negoziati e gli scarsi progressi compiuti. A bloccare le trattative c'è sempre la questione del confine tra l'Irlanda del Nord e la Repubblica d'Irlanda e l'eventuale permanenza nel mercato unico europeo di Belfast.
Continuano a mostrarsi cauti i leader dei 27, in primis il presidente francese, Emmanuel Macron, che si dice pronto ad andare avanti ma comunque preparato a ogni scenario, così come la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che invita a "non mettere la testa sotto la sabbia", a riconoscere le difficoltà di raggiungere un accordo e quindi a "prepararsi a diversi scenari".
"Sembra sempre impossibile finché non è fatto. Non ci arrendiamo", ha scritto il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, nella lettera di invito ai Paesi membri in vista del vertice di mercoledì prossimo, riassumendo lo stato d'animo dei leader all'indomani dell'ennesima fumata nera sui negoziati. Un accordo "è risultato essere più complicato di quanto ci si potrebbe aspettare. Dovremmo tuttavia rimanere fiduciosi e determinati, poichè vi è buona volontà continuare questi discorsi da entrambe le parti. Ma allo stesso tempo, responsabili come siamo, dobbiamo preparare l'Ue a uno scenario senza accordo, che è più probabile che mai", ha chiarito Tusk. "Questo non deve indurci a non compiere ogni sforzo per raggiungere il miglior accordo possibile, per tutte le parti. Questo è il nostro stato mentale dovrebbe essere in questa fase. Non ci arrendiamo", ha concluso.
May è convinta che un accordo sulla brexit si avrà. L'ostacolo Iralnda
Sembra dello stesso parere May: "Noi continuiamo a credere che una soluzione negoziata sia il miglior risultato per Regno Unito e per l'Unione europea. Continuo a credere che un tale accordo sarà raggiunto", ha detto nella sua relazione davanti al Parlamento in cui ha avvertito che ai negoziati servirà "sangue freddo".
La questione dell'Irlanda rimane il principale ostacolo. Entrambe le parti vogliono evitare il ritorno di un confine classico per non indebolire l'accordo di pace del 1998, ma non riescono a concordare sul metodo per farlo. In assenza di una soluzione migliore, Bruxelles sostiene il mantenimento dell'Irlanda del Nord nell'unione doganale e nel mercato unico europeo. Questa proposta, nota come "backstop" ("rete di sicurezza"), sarebbe nell'accordo provvisorio di dicembre, ma Londra la respinge. Afferma che comprometterebbe l'integrità territoriale del Regno Unito, creando una barriera amministrativa tra l'Irlanda del Nord e il resto del paese e proponendo un "accordo doganale temporaneo" con l'Ue fino a quando non si raggiungerà una soluzione definitiva.
La premier britannica ha ribadito, ancora una volta, che "il governo non firmerà nulla che metta in discussione l'integrità del regno". May però è sottoposta a forti pressioni interne dall'ala euroscettica del suo partito conservatore, guidata dall'ex ministro degli Esteri Boris Johnson, che ha definito le proposte dell'Ue come "la scelta di rompere il Regno Unito o sottoporlo al vassallaggio". Ancora più duri i laburisti che accusano il piano di May "di essere coatico".
L'appoggio parlamentare sembra sempre più fragile anche da parte dei Tory. Il tutto si somma alla forte opposizione del partito ultra-conservatore nordirlandese Dup, i cui dieci deputati alla Camera dei comuni sostengono la loro maggioranza parlamentare, a trattare l'Irlanda del Nord in modo diverso rispetto al resto del Regno.