È stato uno scambio poco diplomatico quello tra il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e il suo omologo cinese, Wang Yi, a Pechino. In visita nella capitale cinese per informare la controparte dei colloqui avuti con il leader nord-coreano, Kim Jong-un, a Pyongyang, Pompeo ha avuto un incontro con Wang chesi è svolto in un'atmosfera tesa, salvata a stento dal protocollo diplomatico.
Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha rivolto affermazioni pesanti al suo interlocutore, rimproverandolo per le ultime misure prese da Washington, non solo sui dazi, ma anche sulla vendita di armi all'isola rivale di Taiwan. "Queste misure minano la fiducia reciproca e gettano un'ombra sul futuro delle relazioni sino-americane, il che è totalmente contro gli interessi di entrambi i popoli". Secca la replica di Pompeo: "Abbiamo un totale disaccordo. Chiediamo che gli Stati Uniti fermino queste azioni fuorvianti", ha detto, esortando i due Paesi a collaborare per evitare di "cadere in conflitto e scontri".
Gli Usa hanno rivolto "accuse infondate" contro le linee di politica interna ed estera della Cina, ha aggiunto Wang, e ha chiesto agli Stati Uniti di "correggere immediatamente" il comportamento per "evitare di scendere in un conflitto" tra i due Paesi. "Di recente, gli Stati Uniti hanno costantemente provocato un'escalation delle frizioni commerciali verso la Cina", si legge in una nota diffusa ai media cinesi dal Ministero degli Esteri di Pechino, che cita parole di Wang a Pompeo.
Gli Usa "hanno anche adottato azioni sulla questione di Taiwan che minano i diritti della Cina, e hanno prodotto critiche senza fondamento delle politiche interne ed esterne" di Pechino. "Sulle questioni che lei ha descritto", ha replicato Pompeo, "abbiamo un fondamentale disaccordo. Abbiamo grandi preoccupazioni per le azioni che la Cina ha intrapreso", ha proseguito il capo della diplomazia Usa, "e non vedo l'ora di discutere ognuna di queste cose oggi, perchè questa è una relazione incredibilmente importante".
Tra i motivi di disaccordo, oltre all'escalation sul commercio, che riguarda oggi centinaia di miliardi di dollari di merci scambiate tra Cina e Stati Uniti e soggette a tariffe in entrambi i sensi, ci sono anche questioni legate alla sfera militare, a Taiwan (con l'approvazione Usa alla vendita di armamenti all'isola per 330 milioni di dollari) e al Mare Cinese Meridionale, dove il 30 settembre scorso si è rischiato l'incidente tra due cacciatorpedinieri delle marine di Cina e Stati Uniti.
L'ultimo capitolo di frizione tra le due sponde del Pacifico riguarda le accuse del 'numero due' della Casa Bianca alla Cina di interferenze politiche: durante un discorso all'Hudson Institute di Washington, il vice presidente Usa, Mike Pence, ha detto esplicitamente, la settimana scorsa, che Pechino "vuole un altro presidente americano", diverso da Trump, che ha sfidato la Cina sul commercio, ed è tornato ad accusare la Cina sulla questione del Mare Cinese Meridionale, per l'incidente sfiorato tra i due cacciatorpedinieri.
La questione nord-coreana appare quindi passata in secondo piano, nell'incontro pomeridiano tra i titolari degli Esteri di Cina e Stati Uniti, e l'atmosfera si è ulteriormente surriscaldata per un altro episodio controverso manifestatosi nei giorni scorsi, che ha contribuito a complicare ulteriormente il quadro delle relazioni tra Cina e Stati Uniti. Wang e Pompeo si sono scambiati accuse reciproche sull'annullamento della seconda edizione del Dialogo su Diplomazia e Sicurezza tra Cina e Stati Uniti, in agenda per la metà di ottobre a Pechino, dove era previsto anche l'arrivo del segretario alla Difesa Usa, James Mattis.
I capi delle due diplomazie si sono reciprocamente accusati di avere voluto la cancellazione dei colloqui. "Mi rammarico che il dialogo strategico tra i nostri due Paesi sia qualcosa che voi avete scelto di non intraprendere", ha detto Pompeo. "Il dialogo strategico non è stato annullato dai cinesi. è un fatto", è stata la secca replica di Wang Yi.