La revisione del Codice Penale svizzero è passata al Consiglio Nazionale, la Camera Bassa, e se approvata anche dal Consiglio degli Stati, diventerà ufficialmente legge: omofobia e transfobia diventeranno reati a tutti gli effetti. Un passo avanti notevole contro ogni forma di discriminazione, una battaglia portata avanti da Mathias Reynard, membro del partito socialista svizzero, che su Twitter festeggia così: “Vittoria! Con 118 contro 60 e 5 astensioni, il Consiglio nazionale accetta la mia iniziativa parlamentare contro l'omofobia e la transfobia!”.
D’ora in poi chi subisce un qualsiasi tipo di sopruso o discriminazione sulla base dei propri gusti sessuali potrà denunciare e chi ne sarà ritenuto colpevole potrà finire in galera fino a 3 anni. Una vittoria enorme se si pensa ai numeri enormi e spesso tenuti troppo dell’ombra di quanti vengono ancora oggi giudicati e trattati in base alle proprie inclinazioni. Infatti lo stesso Reynard, 31 anni, a votazione avvenuta, dichiara: “L'omofobia non è un'opinione. È un crimine. Uno su cinque omosessuali ha tentato il suicidio, la metà prima dei 20 anni. Questa vittoria manda un segnale forte. Ho già ricevuto centinaia di reazioni”.
Un passo avanti ma non basta
Un passo enorme per la Svizzera che ancora però è lontana, come la maggior parte dei paesi, dal potersi considerare a tutti gli effetti uno stato LGBTQ-friendly; nel 2007 lo stato permette quelle che ha chiamato partership civili, che rappresentano un passo indietro rispetto alle nostre unioni civili, ma chiaramente non basta considerato che nel 2018 le coppie dello stesso sesso ancora non hanno uguali diritti in termini di matrimonio, tasse, fertilità o adozione. La palla adesso passa alla Camera Alta ma oggi la comunità omosessuale ha vinto decisamente una battaglia, come dichiara a Le Temps Rene Schegg, segretario generale del gruppo LGBTQ di Pink Cross: "La decisione del giorno è un passo importante. Probabilmente riporterà la Svizzera nelle classifiche dell'Associazione internazionale delle persone LGBTI, dove il nostro paese occupa attualmente il 22 ° posto dietro Estonia e Ungheria. "
In Italia la legge è ferma in Senato da 5 anni
In Italia la situazione è decisamente differente e il percorso fatto finora è ancora lontano da una meta socialmente accettabile. Un percorso che poteva subire una svolta decisiva il 19 settembre del 2013 quando una legge sull’omofobia, a firma del sottosegretario Dem Ivan Scalfarotto, viene approvata alla Camera e quattro giorni dopo passa al Senato, dove in silenzio quel percorso si interrompe. La legge, nonostante siano stati presentati nel tempo diversi emendamenti, viene regolarmente lasciata al palo. Si tratterebbe in realtà di un’estensione della legge Mancino-Reale che significherebbe però avere finalmente nel nostro ordinamento il reato di discriminazione e istigazione all'odio e alla violenza omofobica.
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Un reato che prevedrebbe, come si legge nel testo, un anno e mezzo di carcere “o la multa fino a 6.000 euro per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sull'omofobia o transfobia, la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi in qualsiasi modo istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o transfobia e sempre la galera da 6 mesi a 4 anni per chiunque partecipa - o presta assistenza - ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o la transfobia”.
In più, la stessa legge obbligherebbe l’Istat a fare rilevazioni almeno ogni quattro anni sulle discriminazioni e sulla violenza, individuando i soggetti più esposti al rischio. Ma il Senato sembra fare orecchie da mercante, eppure il problema è grave e coinvolge una consistente fetta di popolazione. Negli ultimi anni, e a ben ragione, si è intavolata una guerra senza quartiere contro la violenza sulle donne, ma la cosa pare importare molto meno se quelle donne subiscono violenza in relazione ai loro gusti sessuali; secondo la Gay Help Line infatti, sono proprio le donne le prime vittime in Italia di omofobia e le testimonianze raccolte lo scorso maggio in un articolo pubblicato su osservatoriodiritti.it sono agghiaccianti: “I problemi più grandi vengono riscontrati dalle donne, che, già vittime di maschilismo, hanno ancora più difficoltà ad essere accettate se lesbiche.
Violenze in famiglia
La Gay Help Line ha raccolto la storia di una ragazza di 16 anni che ha subito uno stupro "correttivo" da parte del figlio di un amico dei suoi genitori, i quali sapevano delle violenze e comunque speravano di farla fidanzare con lui. Un recente caso che ha fatto scalpore è quello del genitore che ha incolpato l’università di Udine dove la figlia studia per l’orientamento sessuale della figlia. Il genitore ha infatti scritto all’associazione cattolica “Notizie Pro-Vita” denunciando la perdita della figlia che secondo lui sarebbe stata "fagocitata dalla piaga del gender e dell’omosessualità dilagante" all’interno dell’Università di Udine, dove – accusa il padre – si terrebbero eventi di incitamento all’omosessualità”.
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Dal centro Italia il maggior numero di richieste di aiuto
La stessa Gay Help Line, attiva dal 2006 e che in tutti questi anni ha dato supporto psicologico a 220mila persone, ha disegnato un’imbarazzante mappa del paese secondo la quale: “Il maggior numero di chiamate arriva dal Centro Italia, con il 44,5% di richieste, segue il Nord con il 34,5% e il Sud con solo il 21 per cento. Molte persone, soprattutto transessuali, vengono discriminate sul posto di lavoro o non vengono assunte a causa della loro identità di genere”. Secondo Arcigay “Ogni anno più di 100 persone subiscono abusi a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere, numeri che molto probabilmente non riflettono la realtà effettiva del problema, in quanto basati sulle denunce fatte e sugli avvenimenti segnalati che hanno raggiunto i mass media”, numeri soprattutto che non tengono conto di tutti gli altri atti di intolleranza che gli omosessuali devono subire durante la loro vita, come aggressioni verbali, derisioni, minacce, atti di bullismo e diffamazione.
La vita in Italia per un omosessuale può rappresentare davvero un inferno. Un inferno che viene totalmente ignorato, un silenzio che copre le spalle a chiunque decida, per chissà quali ragioni poi, di operare violenza psicologica (e sfidiamo chiunque a dimostrare che faccia meno male di quella fisica) su una persona omosessuale. Una legge che per giunta esiste e che aspetta solo di essere approvata da un Senato che invece volge lo sguardo altrove, che nega la giusta attenzione ad una fetta di cittadinanza che è costretta a causa di questa mancanza a vivere con meno diritti, alla mercè legislativa di chiunque voglia negargli un posto di lavoro o uguali trattamenti solo per i propri gusti sessuali, una fetta di cittadinanza che finché non verranno fatti passi avanti non potrà fare altro che sentirsi perlomeno ignorata.