In Germania, dallo scorso anno, lo Stato sociale è diventato meno generoso con gli immigrati, anche sull'onda delle polemiche politiche intorno all'eccessivo peso sul welfare dei cittadini comunitari. Lo scorso anno l'allora ministro del Lavoro, l'attuale leader del Spd Andrea Nahles, ha varato una riforma che ha aumentato da tre mesi a cinque anni il periodo di residenza necessario per ricevere il "sussidio di ultima istanza" per i disoccupati di lungo periodo, che viene assegnato una volta scaduti i dodici mesi che danno diritto al sussidio di disoccupazione prima e all'assegno sociale poi. In questo modo la leader socialista è riuscita ad acquietare le polemiche delle destre sui cosiddetti "turisti del welfare". Le polemiche, in compenso, sono esplose in Italia, dove numerose testate hanno pubblicato titoli che paventavano un'imminente ondata di espulsioni sui connazionali senza più diritto ai sussidi. In realtà non è proprio così, anche perché sarebbe una palese violazione delle norme comunitarie e del diritto alla libera circolazione.
L'origine della polemica
Tutto nasce dal fraintendimento, più o meno in buona fede, di un servizio di Radio Colonia, l'emittente dedicata agli italiani in Germania. La trasmissione Cosmo aveva ospitato la testimonianza di un'italiana in stato di gravidanza che, abbandonata dal compagno, si era ritrovata senza mezzi di sussistenza e aveva chiesto un sussidio, al quale però non aveva diritto, essendo residente nel Paese da meno di 5 anni. L'ufficio immigrazione del Comune del Nord Reno-Vestfalia dove la donna vive le aveva risposto tre mesi dopo. "Mi hanno comunicato che avevo quindici giorni di tempo, visto che non potevo provvedere a me stessa, per trovare un lavoro: altrimenti mi avrebbero rimpatriato e avrebbero pure pagato il viaggio a me e alle bambine, se non fossi stata in grado di poterlo pagare io", spiega la donna.
Una missiva decisamente indelicata che sarebbe stata inviata a centinaia di altri italiani (e, presumibilmente, a migliaia di cittadini europei). Parlare però di "espulsione" (Abschiebung) è assolutamente fuorviante. In questo caso, si tratta di una ruvida esortazione. Il Comune può richiedere, sulla carta, l'allontanamento (Ausweisung) di chi non ha i mezzi per sostentarsi ma non intende o non può, come nel caso della nostra connazionale intervistata, lavorare. Ma, anche qualora tale misura si concretizzi, il destinatario del provvedimento può benissimo rientrare nel Paese subito dopo. È stato lo stesso caporedattore di Radio Colonia, Tommaso Pedicini, a inviare una mail alle redazioni italiane per evitare deformazioni e chiarire, leggiamo su Repubblica, che si è al massimo di fronte a un "eccesso di zelo burocratico". "Di fronte a titoli di giornali, secondo i quali la Germania caccerebbe gli italiani poveri dal proprio territorio, facciamo notare che, degli oltre 700.000 italiani residenti in Germania, circa 70.000 percepiscono in modo pieno e legittimo un sussidio sociale", sottolinea Pedicini, che pure definisce "discutibile" l'iniziativa.
Come funziona la normativa
Per fare chiarezza, ci viene in soccorso un articolo pubblicato lo scorso novembre dal 'Corriere d'Italia', testata dedicata agli italiani residenti in Germania, quando poco dopo l'approvazione della legge Nahles era già stato sollevato lo spauracchio delle espulsioni coatte.
"I diritti alla libera circolazione e al soggiorno possono essere limitati in due tipi di ipotesi: la prima riguarda le situazioni in cui il cittadino dell’Ue non possiede o non possiede più le condizioni per avere diritto al soggiorno. Ogni cittadino dell’Ue ha diritto all’ingresso sul territorio di un altro Stato membro e al soggiorno fino a tre mesi dall’ingresso se è munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità", leggiamo sul Corriere d'Italia, "inoltre, ogni cittadino dell’Ue beneficia del diritto al soggiorno fino a tre mesi dall’ingresso finché non diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. La seconda ipotesi, invece, concerne i casi in cui l’allontanamento è motivato da ragioni di ordine o sicurezza pubblica (ad esempio se è stato condannato in definitiva per aver commesso un reato con una pena oltre i tre anni di reclusione)".
Per quanto riguarda la prima ipotesi, "le risorse economiche sufficienti al soggiorno non dovranno più essere valutate in modo automatico, prendendo cioè come riferimento l’importo dell’assegno sociale, ma dovranno far riferimento alla situazione complessiva del richiedente l’iscrizione anagrafica, tenendo comunque conto delle spese che riguardano l’alloggio sia esso in locazione, in comodato, di proprietà o detenuto in base a un altro diritto soggettivo. Il cittadino comunitario è destinatario di provvedimenti di allontanamento quando fa richiesta di un sostegno sociale (“Hartz IV”) e non cerca lavoro. Se lavora, anche svolgendo un Minijob oppure un’occupazione a tempo determinato o part time, non può essere destinatario di un provvedimento delle autorità (Ausländerbehörde). Vale a dire: l’eventuale ricorso da parte di un cittadino dell’Ue o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale non costituisce automaticamente causa di allontanamento, ma deve essere valutato caso per caso. Inoltre un provvedimento di allontanamento (Ausweisung) non viene preso da un giorno all’altro: le autorità devono dare al cittadino Ue la possibilità di esprimere la propria posizione. Se nel frattempo il cittadino Ue trova un’occupazione, il provvedimento dovrà essere archiviato, altrimenti non sarebbe conforme alle regole della legge relativa al soggiorno dei cittadini Ue".
Un cittadino Ue può essere espulso per non avere più diritto ai sussidi?
"La probabilità che le autorità tedesche adottino il provvedimento di espulsione (Abschiebung) nei confronti di un cittadino Ue per aver perso il diritto di soggiorno solo dopo aver fatto richiesta di assistenza sociale è bassissima. Il cittadino Ue potrebbe, difatti, rientrare in Germania subito dopo essere stato espulso, visto che un divieto di rientro in questi casi non è previsto dalla legge", prosegue la testata, "inoltre, dopo cinque anni di permanenza in Germania con permesso di soggiorno, un provvedimento di allontanamento non è più lecito, cosicché basterebbe allungare i tempi della procedura amministrativa e del processo davanti ai tribunali per far sì che il provvedimento diventi carta straccia. I costi che ne conseguono sarebbero elevati: ecco perché le autorità tedesche, con probabilità, applicheranno un provvedimento di allontanamento solo in casi estremi. In altre parole: i casi saranno talmente pochi che statisticamente non avranno rilevanza".