‘Orbanizzazione’ del Ppe o normalizzazione dei leader populisti? Isolamento dei sovranisti e riconquista dell’area centrale, o apertura ai movimenti e ai partiti della destra più estrema che da mesi avanzano in quasi tutte le tornate elettorali nazionali? È il dilemma in cui si agita la destra moderata europea, che vivrà domani a Strasburgo un test importante in vista delle elezioni di maggio dell’anno prossimo: l’aula dell’Europarlamento dibatterà e voterà dell’applicazione dell’articolo 7 dei Trattati nei confronti dell’Ungheria di Viktor Orban, per avere violato i valori fondamentali dell’Unione.
Tutti insieme, appassionatamente
Il governo di Budapest parla di ‘caccia alle streghe’, definisce il documento messo a punto dalla relatrice dei Verdi, Judith Sargentini, un ‘attacco politico pieno di bugie’ e lo stesso Orban sarà domani in aula a difendere le sue posizioni. Dall’esito del voto si capirà quale direzione prenderà la ‘Balena bianca’, il grande corpaccione popolare, nel mare agitato che porta alle elezioni europee di primavera.
La settimana scorsa il capogruppo del Ppe all’Europarlamento, Manfred Weber, ad oggi unico (auto) candidato popolare alla presidenza della Commissione, intervistato dalla Stampa, ha lasciato chiaramente capire che il Ppe non intende fare a meno non solo di Orban, ma anche di Salvini. Con il leader ungherese e con il capo della Lega, ha detto Weber, “ci si deve sedere attorno a un tavolo. Con i sovranisti serve un compromesso, bisogna dialogare”.
Pilato abita a Berlino
Ma il gruppo non è compatto e già in Commissione diversi eurodeputati del nord Europa si sono detti a favore dell’applicazione dell’articolo 7. Secondo quanto si è appreso da ambienti del Ppe, l’indicazione per domani è quella di lasciare libertà di coscienza ai deputati. Weber, riferiscono fonti popolari, aspetterà di ascoltare l’intervento di Orban cui lo stesso capogruppo ha chiesto qualche apertura, soprattutto sulla questione Ong, proprio per rendere più facile un ricompattamento delle truppe. Il Ppe non può essere lo scudo per violare le regole, ha detto Weber.
Una frattura che potrebbe essere epocale
Se invece il leader di Fidesz dovesse andare allo scontro tenendo alti i toni, allora la questione potrebbe prendere una piega diversa e portare a una spaccatura del gruppo. Una parte dei popolari voterebbe per l’attivazione dell’articolo 7 assieme a socialisti, liberali e Verdi. E forse già dalle prossime settimane potrebbe decidere di saltare il fosso e tornare a guardare al centro, direzione Macron.
“Kohl ci ha voluto e guai a chi ci tocca”
Il presidente francese ha incassato l’appoggio esplicito dei liberali di centro di Guy Verhofstadt che correranno assieme a En Marche alle europee in una nuova formazione il cui nome non è stato svelato ma che dovrebbe chiamarsi ‘Generazione Europa’. L’attività di scouting nel campo della destra moderata anti-sovranista è aperta. Ma Fidesz per ora non molla, fa sapere che non ha alcuna intenzione di andarsene e non nasconde l’intenzione di egemonizzare i popolari da destra: “E’ stato Helmut Khol a portarci nel Ppe e non abbiamo intenzione di lasciare”, ha detto ancora oggi il portavoce del governo di Budapest.
E il centro resta a guardare l’assalto sovranista
La mappa del ‘sovranismo’ europeo fa dormire ai moderati sonni molto agitati. In Austria gli estremisti della Fpoe, efficacemente definiti ‘i nipotini di Haider’, hanno preso il 26% alle ultime elezioni e governano con i popolari di Sebastian Kurz. I tedeschi di Alternative fuer Deutschland, da alcuni sondaggi indicati come primo partito dei Laender della ex Ddr, fanno sentire il fiato sul collo ai centristi, tanto da scatenare un braccio di ferro violentissimo tra partiti ‘fratelli’, la Cdu di Angela Merkel e la Csu di Horst Seehofer, presidente della Baviera dove si voterà a metà ottobre. Per tacere dell’Italia, dove l’opa leghista su Forza Italia sembra inarrestabile.
Cosa succederà alla ‘Balena bianca’ da qui a maggio dell’anno prossimo è troppo presto per dirlo. Ma il voto di domani inizierà a chiarire alcune cose.