Erano entrati a Ceuta, enclave spagnola in territorio marocchino, scavalcando una rete e pensando di avercela fatta a raggiungere l’Europa. Nel giro di 48 ore erano stati fatti rientrare in Marocco tutti. Tutti e 116, tranne due minorenni. Il governo di Pedro Sanchez, per raggiungere il risultato, ha fatto ricorso ad una norma semidimenticata, ma che si adattava perfettamente alla bisogna.
Si tratta di un accordo che risale al 1992, quando il problema migratorio era presente solo nelle previsioni degli studiosi più catastrofisti. E che porta il segno di un governo socialista, quello di Felipe Gonzalez.
Solo in casi eccezionali
A firmarlo per i due paesi i ministri degli esteri Driss Basri e José Luis Corcuera. La parte più rilevante dell’intesa riguarda la possibilità per ognuno dei due paesi (teorica, in realtà il caso si applica alla sola Spagna) di rimandare oltre il confine – entro il termine massimo di 10 giorni – gli immigrati entrati clandestinamente dall’altro. Anche, e qui sta l’elemento più importante, se si tratta di immigrati provenienti da paesi terzi.
Nel corso degli ultimi 26 anni, comunque, l’accordo è stato applicato solo in casi eccezionali. Più precisamente, tra il 1992 ed il 2005 ha portato al respingimento di soli 114 migranti. E nel 2006 un altro governo socialista spagnolo, quello di José Luis Rodriguez Zapatero, tentò di applicarlo su larga scala, senza riuscirvi. Né ebbe più fortuna il governo conservatore di Mariano Rajoy che, nel 2014, ottenne solo che si potesse invocare la clausola per quanti erano ricorsi “alla violenza” per saltare la rete che divide Ceuta dal territorio marocchino.
Sanchez decide il ritorno alle vecchie regole
Da allora l’applicazione è stata un fatto concreto in numerosi casi, ma mai nelle forme e nelle dimensioni viste negli ultimi giorni.
Il principale ostacolo è stata una certa inerzia da parte delle autorità marocchine ad accettare nuovamente sul proprio territori profughi degli altri paesi africani. Di fatto l’unico caso in cui l’applicazione era regolare riguardava i cittadini marocchini che raggiungevano le isole Zaffarine, un piccolo arcipelago sottoposto alla sovranità spagnola ma ad appena un paio di miglia nautiche dalla costa marocchina.
È stato il 26 luglio scorso che il governo di Pedro Sanchez ha deciso la piena riattivazione del trattato, in seguito al caso di ben 600 migranti che avevano saltato in una notte il “Muro di Ceuta” per raggiungere il suolo europeo senza dover attraversare il Mediterraneo. Una riattivazione accettata dal governo marocchino solo con una certa riluttanza, e solo in caso di arrivi di massa. Come quello che si è verificato nei giorni scorsi.
Perché in Italia no
I migranti sono stati così divisi in gruppi di 10 (nessuno di loro ha chiesto asilo, sottolineano le autorità spagnole), portati in un centro di accoglienza temporanea a qui è stato notificato loro l’ordine di espulsione. Anche perché l’imgresso nel territorio di Ceuta è stato giudicato “violento”, essendosi verificati cinque ferimenti nel corso dell’assalto alla rete divisoria.
Un particolare che rende la casistica poco applicabile ai migranti raccolti in mare dalle autorità italiane.