Come si può spiegare ad un algoritmo la differenza tra nudo artistico e nudo pornografico? Dev’essere qualcosa di molto complesso, ma qualcosa il patron di Facebook Mark Zuckerberg dovrà pure inventarsi, perché se da un lato può risultare apprezzabile in rete potersi rifugiare su un’isola senza pornografia, dall’altro è assurdo che, come lamenta l’Ente del Turismo delle Fiandre, il social censuri automaticamente circa il 20% dei post di promozione dei musei fiamminghi.
Un’arte che in questo momento non ha la possibilità di diventare virale e magari, perché no, strappare agli stessi social network qualche ora del nostro tempo per farci muovere verso un museo. Il pittore dello scandalo a luci rosse stavolta è Pieter Paul Rubens, pittore fiammingo cui nudi non riescono ad aggirare il severo algoritmo della piattaforma. Non è la prima volta che succede, solo qualche mese fa lo stesso social aveva ritenuto oscena un'immagine della Venere di Willendorf, la più celebre statuetta di donna del Paleolitico, ma stavolta una dozzina di musei d’arte del Belgio hanno deciso di rispondere, scrivendo a Zuckerberg una lettera di protesta per sbloccare la situazione. D’altra parte, scrivono, “Se Rubens avesse avuto un profilo Facebook, avrebbe avuto una pagina piena di fans”.
Una risposta che prova comunque a sdrammatizzare quello che è a tutti gli effetti un vero problema, tanto da spingerli a rispondere “sul campo” producendo una candid camera dove si vedono delle guardie con il distintivo di Facebook che si avvicinano ai visitatori di un museo che stazionano davanti ad opere che espongono un nudo e chiedono “Lei ha un profilo Facebook?”, se la vittima dello scherzo risponde di si, gli agenti gli intimano di passare ad un’altra opera “Si deve spostare, dobbiamo tutelarla dalla nudità!”. Un video molto divertente che lascia, come ovvio che sia, stupefatti i visitatori. D’altra parte, come si potrebbe mai confondere la bellezza di un nudo artistico con la volgarità di un’immagine pornografica? È qualcosa che non verrebbe mai in mente a persona dal cervello sano, per farlo bisognerebbe avere un algoritmo al posto del cuore.
Facebook non è rimasta muta di fronte la protesta rispondendo che faranno di tutto per risolvere il problema e che le restrizioni sono così severe perché spesso sorgono problemi con gli annunci sponsorizzati che di regola non devono mai includere nudità, persone in atteggiamenti espliciti o allusivi, o in generale attività che alludano alla sfera sessuale. All’Associated Press comunque comunica che ha intenzione di sbloccare la situazione per quanto riguarda i musei. La domanda a questo punto sorge spontanea, in un’epoca in cui tutto sembra possibile fare con un buon computer a disposizione, riusciranno gli smanettoni di Facebook ad insegnare a un algoritmo a riconoscere la bellezza?