Con un accordo tra l’Unione Europea e il Giappone nasce la prima zona per il libero scambio dei dati al mondo. L’intesa, siglata il 17 luglio, si basa sul principio che sia il Regolamento europeo sul trattamento dei dati sia l’omologa normativa del Paese del Sol Levante tutelino in modo equivalente le informazioni personali dei propri cittadini, e quindi sarà consentito il traffico di dati tra i due Paesi “senza ulteriori autorizzazioni o controlli”.
“I dati sono il carburante dell’economia globale e questo accordo farà sì che possano viaggiare tra i due Paesi portando beneficio sia ai cittadini che alle economie”, ha detto la commissaria la commissaria Ue alla Giustizia, Vera Jourova. Così si inaugura a Tokyo l’accordo, che giunge al termine di anni di trattative tra i rappresentanti dei due Paesi e che avrà effetto a partire dalla fine dell’anno.
A rendere necessaria un’intesa tra Europa e Giappone è stata l’entrata in vigore in periodi simili di normative molto stringenti sulla tutela degli utenti: dal lato europeo il Gdpr (General Data Protection Regulation), adottato nel 2016 e che ha piena efficacia dal 25 maggio di quest’anno. In Giappone invece si applica l’Atto sulla protezione delle informazioni personali (Act on the Protection of Personal Information, Appi), entrato in vigore dieci anni fa ma che ha ricevuto importanti aggiornamenti a maggio del 2017.
Tra i dati che potranno essere quindi scambiati sono soprattutto quelli cruciali per il mondo del commercio, come le informazioni sui dipendenti delle aziende, sulle carte di credito e sulle transazioni online. Ovviamente tra questi rientreranno anche tutte le informazioni di profilazione che vengono utilizzate per mostrare pubblicità personalizzate a chi naviga sul web.
Come anticipato nel 2017, ora è probabile che il prossimo partner dell’Unione Europea sullo scambio di dati sarà la Corea del Sud, altro Paese dotato di una normativa simile al Gdpr. Entrambi i regimi infatti proteggono il diritto alla privacy dal punto di vista dell'individuo e si applicano alla maggior parte delle organizzazioni, incluse le entità governative.
Nel 2015 un simile accordo tra Europa e Stati Uniti era fallito, dopo lo stop da parte della Suprema Corte europea che aveva valutato come insufficienti le norme americane a tutela degli utenti.