Più di 11 milioni di spettatori nel nostro paese hanno assistito ieri alla finale del Campionato Mondiale di Calcio. Per molti italiani, l’88% secondo un sondaggio del Corriere.it, la fine della favola della nazionale che avrebbero voluto sul tetto del mondo: la Croazia, battuta da una Francia indubbiamente più attrezzata. Le immagini, come prassi in occasione di eventi dalla portata globale come quello in diretta da Mosca, rimbalzano tra il campo e la tribuna, indugiando sui volti delle personalità ospiti; ieri, ovviamente, in particolare dei presidenti Macron, accompagnato dalla moglie Brigitte, e della presidentessa croata Kolinda Grabar-Kitarovic.
Per chi ha seguito la compagine a scacchi bianco/rossi per tutta la campagna calcistica di Russia, il personaggio della sua prima tifosa risulterà ormai familiare, la signora Grabar-Kitarovic infatti già durante tutto il percorso mondiale dei suoi ragazzi aveva attirato l’attenzione dei media avendo deciso di smettere i panni istituzionali per vestire quelli, più consoni alla situazione, della supporter. Maglia della nazionale quindi, al posto di un più sobrio tailleur, e tifo indiavolato. Non avrà meravigliato affatto dunque la rinuncia all’etichetta istituzionale della quale ieri, suscitando un’indubbia simpatia probabilmente globale, si è resa protagonista al termine del match.
Al triplice fischio infatti, durante la premiazione sotto un diluvio cornice inedita per la manifestazione estiva, Kolinda Grabar-Kitarovic si è lasciata andare ad abbracci sinceri e particolarmente calorosi verso tutti i protagonisti della partita, senza fare sconti o differenze di bandiera. Calciatori sia croati che francesi appena usciti dal campo, riserve, arbitri, dirigenti Fifa, passanti occasionali. Un abbraccio affettuoso e un sorriso per tutti.
Ma qual è la storia di Kolinda? Che non è solo la prima donna presidente della storia della repubblica slava, ma, classe ’68, avendo preso possesso della carica a 46 anni, risulta essere anche la più giovane. Che parla sette lingue e Forbes la piazza al 39esimo posto tra le donne più potenti del mondo. Impegnata in politica fin dal 1991 quando è in prima fila nella nascita dello Stato con il partito conservatore Unione Democratica Croata. Nel 2003 è nominata ministro delle Integrazioni Europee e mantiene la poltrona fino al 2005, quando diviene ministro degli Esteri. Nel 2008 è ambasciatore presso le Nazioni Unite fino al 2014 quando decide di candidarsi alle presidenziali contro il socialdemocratico Ivo Josipovic, che batte al ballottaggio con uno scarto di 30 mila preferenze.
In lei convivono l’anima di una femminista che vede in Margaret Thatcher e Angela Merkel i suoi riferimenti politici e quella dell’ammiratrice di Donald Trump, al quale ha regalato durante il vertice della Nato a Bruxelles, una maglia personalizzata della sua Croazia. Passione, quella per il presidente americano, non passata inosservata in patria dove virale è diventato il video che la vede provare invano ad attirare le attenzioni del tycoon durante un incontro istituzionale.
Non sappiamo se la presidentessa Grabar-Kitarovic abbia approfittato della vetrina per racimolare visibilità, resta però il fatto, indiscutibile, che, perlomeno sugli spalti, il confronto sia stato stravinto dalla croata, rispetto ad un Macron cui persino la pioggia battente del temporale sembrava scivolare addosso senza lasciare traccia sul completo firmato. Viene consegnato agli archivi iconografici della competizione più appassionante dello sport mondiale, l’esuberante fair-play di Kolinda.