Trentaseimila auto nere conquistano le strade di New York, dove i taxi gialli soccombono sotto la concorrenza inarrestabile di Uber. Ma anche nella Grande Mela le vittime della battaglia hanno un nome: Yu Mein Chow, tassista dal 2011, si è tolto la vita gettandosi nelle acque dell’East River l’11 maggio, come riporta il New York Times. È il quinto tassista suicida in cinque mesi.
Un medaglione che non vale più nulla
A New York per decenni possedere una licenza per guidare un taxi ha significato poter mantenere la propria famiglia e mandare i figli al college. Chow ne aveva comprato una nel 2009 per seicentomila euro. Anni in cui con una notte di lavoro si potevano portare a casa anche duecento dollari al giorno (poco più di centosettanta euro). Ma ancora nel 2014 il prezzo di un “medaglione”, simbolo che rappresenta il titolo di poter possedere un taxi in proprio, arrivava alla cifra record di 1,3 milioni di dollari, come scrive Wired.
Oggi il sistema dei “medaglioni”, creato per limitare il numero dei tassisti - 13.600 licenze -, non funziona più. E molti tassisti non possono permettersi neanche di continuare a pagare i debiti contratti per acquistare la licenza.
“Non sarò mai uno schiavo”
La concorrenza delle aziende di ride-sharing - Uber conta 30mila delle 36mila auto nere che girano in città - ha fatto crollare il valore delle autorizzazioni, che secondo la Taxi and Limousine Commission, oggi valgono appena 175mila dollari. Situazione che ha costretto anche alcuni tassisti a cercare di vendere i propri medaglioni per poter pagare i debiti.
Leggi anche: A New York Uber e tassisti sono di nuovo sul piede di guerra
“Non sono uno schiavo e mi rifiuto di esserlo”. A febbraio si toglieva la vita Doug Schifter, suicida con un fucile a pompa davanti al municipio di New York. Il tassista aveva scritto sul proprio profilo Facebook: “Sono stato rovinato finanziariamente perché tre politici hanno distrutto la mia industria e la mia vivibilità, e le aziende newyorkesi hanno rubato i miei servizi rivendendoli a tassi molto più bassi di qualsiasi equità”. Schifter aveva denunciato di lavorare più di cento ore a settimana, rispetto alle quaranta ore che gli bastavano negli anni ottanta. Il mese dopo si toglieva la vita Nicanor Orchirsor, sessantaquattrenne originario della Romania, che con la moglie condivideva il taxi e massacranti turni di dodici ore a testa.