Arrivano i primi frutti dall'allentamento delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti: dal primo luglio Pechino ridurrà i dazi sulle importazioni di auto, passando dal 25% attuale al 15%, e taglierà quelli sulle importazioni di pezzi di ricambio. Dall'altra parte Washington è vicina a una soluzione sul caso Zte, il colosso tech cinese che rischiava la chiusura dopo il bando sulle vendite di componenti decise dagli Usa per motivi di sicurezza.
Giù i dazi su import auto dal 25 al 15%
La misura è stata presa dal ministero delle Finanze di Pechino, che la definisce “un grande passo per espandere le riforme e le aperture” del sistema cinese e “in linea con la realtà dell’industria automobilistica” della Cina. La riduzione riguarderà 135 tipi di auto che oggi subiscono dazi del 25% e altri quattro tipi tassati oggi al 20%. Altri 79 prodotti di pezzi di ricambio per auto vedranno le tariffe doganali sulle importazioni ridotte al 6% rispetto ai livelli attuali, che vanno dall’8% al 46% a seconda del prodotto, riferisce l’agenzia Xinhua. La misura segue di pochi giorni la fine del secondo round di colloqui tra Cina e Stati Uniti sul commercio, che si sono tenuti a Washington e che hanno prodotto una distensione su questo fronte.
L’intenzione di ridurre i dazi importazioni di auto era già stata espressa dal presidente cinese, Xi Jinping, in un discorso al Forum di Boao, sull’isola cinese di Hainan, il mese scorso, nel quale aveva promesso “dazi significativamente più bassi” di quelli attuali per le auto straniere sul mercato cinese. L’annuncio di Xi arrivava poche ore dopo un tweet del presidente Usa, Donald Trump, che criticava i dazi sulle auto straniere sul mercato cinese, definendole “un commercio stupido andato avanti per anni”. Nel suo discorso Xi non ha però menzionato Trump o direttamente gli Usa.
Il settore automobilistico sta andando incontro anche ad altre aperture. Il mese scorso, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, l’ente di pianificazione economica del governo cinese, aveva annunciato aperture nel settore dell’automotive al capitale straniero, promettendo l’eliminazione dei limiti alle quote in possesso a investitori stranieri entro il 2022, una mossa che permetterà ai produttori di auto stranieri di non dovere sottostare alla regola di avere una partnership al 50% con i produttori locali. Entro il 2018, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme prometteva anche l’eliminazione dei limiti alle quote che possono essere detenute dagli investitori stranieri nei settori delle auto alimentate a nuove fonti di energia, nella cantieristica e nella produzione di aerei.
Washington riabilita Zte
I dettagli devono essere ancora definiti, ma secondo il Wall Street Journal, in base a un primo accordo con Pechino l’amministrazione Trump rimuoverebbe la messa al bando della vendita di componenti tecnologici e software da parte delle aziende americane a Zte. In compenso, il produttore cinese di telefoni e apparati di rete apporterebbe modifiche al suo management e nel Cda, oltre al pagamento di alcune multe. Pechino avrebbe anche offerto di rimuovere dazi del valore di miliardi di dollari sui prodotti agricoli americani come parte del negoziato, anche se per la Casa Bianca non ci sarebbe alcun “baratto” politico in corso.
Nonostante la tregua, Zte teme perdite per venti miliardi di yuan (2,6 miliardi di euro). Lo rivelano fonti anonime a conoscenza delle trattative all’agenzia Bloomberg, secondo cui Zte conta di ottenere un accordo presto e di riprendere l’attività negli stabilimenti inattivi a distanza di poche ore dall’eliminazione del bando. Trump ha dichiarato che un accordo non è ancora stato raggiunto ma che Zte potrebbe incorrere in una multa di 1,3 miliardi di dollari, essere soggetta a un cambiamento del proprio management fino ai più alti livelli e a un aumento delle regole di sicurezza, e a dovere acquistare una larga parte delle proprie forniture da gruppi statunitensi.
Zte è il quarto maggior venditore di smartphone negli Stati Uniti e compra gran parte dei suoi componenti da aziende americane. A metà aprile il governo Usa ha proibito per sette anni alle aziende statunitensi di vendere prodotti e servizi al colosso cinese perché avrebbe violato precedenti accordi con gli Stati Uniti sulla vendita di tecnologia all’Iran e alla Corea del Nord.