Ultimo aggiornamento: 19:28
Mike Pompeo, volato ieri a Pyongyang mentre Donald Trump annunciava l'uscita dall’accordo sul nucleare iraniano, torna a casa con tre prigionieri statunitensi - di cui il presidente americano ha annunciato la liberazione dalle carceri nord-coreane - e un accordo preciso sull’attesissimo summit tra il presidente degli Stati Uniti e il leader della Corea del Nord. "Buono l'incontro con Kim Jong-Un, data e luogo definiti” ha scritto Trump in un tweet.
Data e luogo verranno presumibilmente resi noti dopo l’atterraggio del segretario di Stato Usa alla base di Andrews (prevista per le 2 del mattino, ora locale), o forse all'inizio della prossima settimana, come ha detto lo stesso Pompeo durante il volo di ritorno al pool di giornalisti al seguito. I governi stanno pianificando che il summit si svolga "in un solo giorno" ma "nel caso in cui servissero più discussioni ci sarà la possibilità che si protragga per un secondo giorno", ha detto il segretario di Stato.
Esulta Trump: la liberazione dei “tre splendidi gentiluomini” è un "gesto di buona volontà" di Pyongyang, ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca.
Pompeo, che aveva già incontrato Kim a Pasqua come capo della Cia, si è recato per la prima volta in Corea del Nord nella veste di capo della diplomazia Usa, con l'obiettivo di preparare il vertice tra Trump e Kim - atteso a giugno forse a Singapore come ipotizzato da alcuni media sud-coreani - e liberare i prigionieri americani.
Il caso più grave risale all’aprile dello scorso anno quando il ventiduenne Otto Warmbier, condannato per atti ostili nei confronti dello Stato (aveva cercato di strappare uno striscione propagandistico da un albergo di Pyongyang), era stato rimpatriato dopo una missione segreta in Corea del Nord dell’ex inviato speciale Usa per la questione nord-coreana, Joseph Yun, quando si trovava già in coma. Il giovane è morto poco dopo il rientro.
Il colpo di scena del secondo vertice in poche settimane tra Xi Jinping e Kim Jong-un (il 7 e l'8 maggio), che questa volta è volato a Dalian (città portuale nel nord-est della Cina) per incontrare il presidente cinese, non è stato l’unico sul versante nord-coreano: nell’annunciare il ritiro dall’accordo sul nucleare iraniano, Trump aveva anche confermato il viaggio di Pompeo verso Pyongyang. Qualche ora prima, durante un colloquio telefonico, Xi aveva chiesto al presidente americano di considerare le preoccupazioni sulla sicurezza espresse dal regime nord-coreano.
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Per il falco Pompeo Kim è un “buon partner” per il successo che potrà scaturire dall’atteso summit, mentre Washington rimane impegnata a lavorare assieme a Pyongyang per appianare le differenze, nonostante rimangano ancora prove da superare. Sono stati questi i primi commenti del segretario di Stato Usa, riferiti dall’agenzia Reuters. Durante un pranzo, l’ex capo dello spionaggio di Pyongyang, Kim Yong-chol, ha spiegato a Pompeo che gli sforzi del Paese nell’economia non sono dovuti alle sanzioni, nonostante per Trump la pressione esercitata da Washington sia servita a riportare la Corea alle Nord al tavolo dei negoziati.
"Un vertice storico per un eccellente primo passo nella promozione di uno sviluppo positivo della situazione nella penisola coreana e per la costruzione di un futuro roseo". E' questa la dichiarazione rilasciata da Kim Jong-un a margine dell'incontro, secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa nord-coreana Kcna e dall'agenzia sud-coreana Yonhap.
Si chiamano Kim Dong Chul, Kim Hak-song e Kim Sang Duk (noto anche come Tony Kim) i tre cittadini americani detenuti per mesi nelle carceri nord-coreane. Sono tutti di origini coreane.
Kim Dong-chul era agli arresti prima dell’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti, mentre gli altri due erano stati incarcerati nella primavera scorsa, quando Washington e Pyongyang iniziavano ad avvitarsi in una escalation che sembrava inarrestabile. Oggi la Corea del Nord - forte della benedizione di Pechino - pensa al nuovo corso focalizzato più sullo sviluppo dell'economia che dei missili balistici, almeno nelle parole ufficiali del regime.
Le biografie dei tre prigionieri
Kim Dong-chul, 60 anni, nato in Corea del Sud, è un uomo d'affari e un pastore americano. Era stato arrestato nell'ottobre 2015 dopo aver ricevuto da un ex soldato nordcoreano una chiavetta USB contenente dati collegati al nucleare e altre informazioni militari. Accusato di sovversione e spionaggio, era stato condannato a 10 anni di lavori forzati nell'aprile 2016. In un'intervista alla CNN nel gennaio 2016, Kim aveva raccontato di essere naturalizzato americano; viveva a Fairfax, in Virginia. Un tempo gestiva un'azienda di servizi commerciali e alberghieri a Rason, in Corea del Nord, una zona economica speciale vicino al confine settentrionale con la Cina e la Russia. Un mese prima del suo processo, Kim era anche apparso in una conferenza stampa organizzata dal governo, scusandosi per aver tentato di rubare segreti militari in collusione con la Corea del Sud. L'agenzia di spionaggio della Corea del Sud aveva negato il coinvolgimento.
Kim Hak-song, 50 anni, è nato in Cina, nella provincia nord-orientale del Jilin, e si è laureato in California. Dopo aver trascorso dieci anni negli Stati Uniti, aveva fatto ritorno in Cina. Lavorava al dipartimento di Scienza e Tecnologia dell'Università di Pyongyang (PUST). Stava salendo a bordo di un treno diretto a casa sua a Dandong, in Cina, quando nel maggio del 2017 fu arrestato alla stazione ferroviaria di Pyongyang con l'accusa di aver commesso "atti ostili" nei confronti del governo. La PUST, fondata da evangelici cristiani d'oltremare e inaugurata nel 2010, conta tra i membri di facoltà diversi docenti americani ed è generalmente frequentata dai figli dell'élite nord-coreana.
Kim Sang-duk, o Tony Kim, ha circa 50 anni e afferma di aver svolto attività di soccorso per bambini nelle zone rurali della Corea del Nord, come riferisce l'agenzia di stampa sudcoreana Yonhap. Anche lui insegnava alla PUST. Era stato arrestato nell'aprile del 2017 all'aeroporto di Pyongyang mentre cercava di lasciare il Paese.