Il piccolo Alfie Evans è morto. Ha resistito senza ventilazione cinque giorni, il bimbo di 23 mesi affetto da una malattia neuro degenerativa. Staccate le macchine che lo aiutavano a tenersi in vita, la notte tra il 27 e il 28 aprile il suo corpo ha ceduto.
Una morte che non ha certo spento le polemiche e il dibattito che il suo caso ha sollevato fino ad arrivare a scuotere il Papa: "Sono profondamente toccato dalla morte del piccolo Alfie. Oggi prego specialmente per i suoi genitori, mentre Dio lo accoglie nel suo tenero abbraccio", ha twittato Bergoglio, che nei giorni scorsi aveva messo a disposizione l'ospedale Bambin Gesù e un elicottero per il trasferimento immediato del bimbo in Italia.
Durante l'udienza con i partecipanti alla Conferenza sulla medicina rigenerativa, pur ricordando che la Chiesa "elogia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti", Bergoglio - scrive Repubblica - ha sottolineato che "uno dei principi fondamentali è che non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è per ciò stesso eticamente accettabile".
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"Il mio gladiatore ha posato lo scudo e ha spiccato il volo alle 2.30", ha annunciato il padre di Alfie, Tom Evans, dicendosi insieme alla moglie, Kate, "completamente distrutto. Ti amo, ragazzo mio", ha aggiunto. I sostenitori della loro battaglia morale e legale hanno inondato di messaggi la pagina Facebook de 'L'esercito di Alfie', salutando "il piccolo coraggioso guerriero".
Fuori dalla struttura si accumulano i mazzi di fiori, deposti insieme a giocattoli, parole di cordoglio e qualche bandiera italiana. "Per assicurare che vi sia spazio a sufficienza per questi e per garantire la sicurezza di tutti coloro che vogliono fare visita - ha fatto sapere la dirigenza dell'ospedale - abbiamo predisposto un luogo idoneo nello Springfield Park", che si trova nei pressi dell'ospedale.
La misura è stata presa su consiglio della polizia in previsione del forte afflusso di gente previsto "per tutto il fine settimana". Inviando un messaggio di condoglianze alla famiglie di Alfie, la direzione dell'ospedale ha chiesto "che la loro privacy e quella dello staff dell'Alder Hey sia rispettata".
La testimonianza della giornalista di Avvenire
"Mi raccomando, ringrazia tutti gli italiani e i tuoi lettori da parte della nostra famiglia per il supporto". La zia di Alfie, Sarah, ci abbraccia e sorride fra le lacrime mentre andiamo a salutare lei e il giovane zio Daniel a nome dei lettori e dei giornalisti di Avvenire e di tutti gli italiani
corrispondenza di Avvenire da Londra
Anche la politica piange Alfie
L'Italia, che aveva concesso la cittadinanza ad Alfie affinché Londra potesse essere più disponibile a lasciarlo venire a Roma, parla con la voce di Angelino Alfano che, insieme al ministro dell'Interno, Marco Minniti, aveva dato il via libera a un provvedimento apprezzabile ma forse tardivo, perché arrivato lo stesso giorno dello stop alle macchine: "Addio piccolo Alfie. Ti abbiamo voluto bene", ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri.
Per il resto della scenario politico e sociale, gli schieramenti sono quelli tradizionali: "Da papà e da politico provo rabbia e tristezza: mai più", ha scritto il leader della Lega, Matteo Salvini, su Twitter, mentre Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, rifiuta una Europa "che si accanisce contro una famiglia colpita dalla tragedia lacerante di un figlio gravemente malato".
Perché hanno staccato la spina
La sentenza del 20 aprile aveva spiegato che non fosse "nel miglior interesse del bambino proseguire le cure" perché "il cervello del paziente" era già "quasi totalmente distrutto", scrive il Corriere.
La voce contro corrente
Contro corrente la voce di Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente dell'Istituto Coscioni, dichiara: "L'amore per un figlio o per un coniuge malato inguaribili non cada in egoismo nel mantenerlo o volerlo in vita a tutti i costi. Piuttosto vadano garantite in Italia le cure palliative anche pediatriche che prevedono l'assistenza precoce all'inguaribilita'".
Il presidente di 'Scienza e Vita', Alberto Gambino, è convinto che "non sia un caso che queste situazioni stiano avvenendo negli ospedali anglosassoni, che hanno una loro durezza in termini di applicazione dei regolamenti. Occorrerebbe recuperare il ruolo dei genitori, della famiglia in queste vicende - conclude Gambino - Facciamo attenzione che i protocolli non prevalgano sulle relazioni umane e in questo caso sull'alleanza che ci deve essere sempre tra medico, paziente e famiglia".