La tensione è altissima in Siria, e l'Onu è ancora una volta impotente di fronte a venti di guerra che soffiano sul Medio Oriente. Il cacciatorpediniere americano USA "Donald Cook", armato con missili Tomahawk, ha lasciato il porto cipriota di Larnaca e si dirige verso il Mediterraneo orientale, per portarsi nel raggio d'azione di Damasco, accusata dall'Occidente di aver usato le armi chimiche lo scorso 7 aprile a Duma.
Il presidente americano Donald Trump, che ha promesso una "risposta forte", ha annullato il suo viaggio in America Latina per seguire da vicino gli sviluppi. Parigi vede "particolari responsabilità" degli alleati di Damasco nell'attacco e il presidente Emmanuel Macron, al telefono con l'inquilino della Casa Bianca, ha confermato la necessità di una "risposta dura da parte della comunità internazionale", mentre al Consiglio di sicurezza dell'Onu il gioco delle bocciature incrociate affonda le risoluzioni presentate da Russia e Stati Uniti.
Da Mosca, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha accusato "gli Stati Uniti, insieme ad altri Paesi" di aver adottato "una posizione non costruttiva" e di "rifiutare a priori di guardare negli occhi la realtà". La Cina invece si oppone a qualsiasi risposta militare "impulsiva".
Per Mosca, l'avvicinarsi alla Siria del cacciatorpediniere americano è "il segnale di un'escalation della situazione" e può essere visto come un elemento di "intimidazione" anche se - ha spiegato la Marina - "gli Stati Uniti non oseranno colpire apertamente la Siria, per via della presenza di navi e sottomarini russi nel Mediterraneo".
Durante la mattinata era stata diffusa la notizia, smentita poi da Washington, di alcuni jet russi che avrebbero sorvolato a bassa quota il cacciatorpediniere effettuando manovre minacciose. Nel frattempo, secondo quanto ha riferito l'Nbc, le forze russe stanno bloccando il segnale di alcuni droni Usa nel cielo sopra Damasco, rendendo difficile le operazioni militari di Washington. L'esercito governativo siriano ha invece innalzato l'allerta al livello massimo, prevedendo attacchi nelle prossime ore.
La battaglia diplomatica sul tavolo delle Nazioni Unite vede riproporsi lo scenario delle alleanze e dei veti storici. Il Consiglio di sicurezza ha respinto una bozza di risoluzione preparata dalla Russia, in cui si proponeva l'avvio di un'inchiesta sulle armi chimiche in Siria. Il meccanismo proposto, però, non aveva i requisiti di indipendenza richiesti dall'Occidente, che aveva proposto in un'altra bozza un diverso meccanismo di inchiesta su quanto accaduto a Douma il 7 aprile scorso ma su cui Mosca ha posto il veto. Damasco, in ogni caso, si è detta pronta ad accogliere un eventuale invio di esperti dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), mentre il Libano è intenzionato invece a presentare una denuncia formale al Consiglio di sicurezza dell'Onu per la violazione da parte di Israele del proprio spazio aereo per il raid contro la base siriana T4, nella provincia di Homs, in cui sono morte 14 persone, di cui 7 consiglieri militari iraniani.
Teheran ha già annunciato, per bocca dell'alto consigliere della Guida Suprema iraniana, Ali Khamenei, che "il crimine israeliano non rimarrà senza risposta". Le forze armate di Tel Aviv hanno invece schierato diverse batterie missilistiche di difesa aerea sulle alture del Golan, al confine con la Siria. Il ministro della Difesa israeliana, Avigdor Lieberman, ha avvertito che "non accetteremo un'ingerenza dell'Iran in Siria, a qualunque prezzo". L'ambasciatore israeliano a Mosca, Gary Koren, è stato convocato dal ministero degli Esteri russo in relazione al raid a Homs. Attorno a Washington si compattano Francia e Gran Bretagna.
Il presidente Usa Donald Trump e la premier Theresa May "non permetteranno" che gli attacchi chimici del regime siriano continuino, si sono detti i due al telefono. Lo riferisce la Casa Bianca mentre Parigi "annuncerà le sue decisioni nei prossimi giorni". Lo ha detto il presidente Emmanuel Macron, precisando che "eventuali raid andrebbero a colpire esclusivamente le capacità chimiche" del regime siriano di Bashar al Assad e per nessuna ragione i suoi alleati russi e iraniani. Macron ha assicurato che la Francia "non auspica una escalation".