Twitter ha bannato per sempre Tommy Robinson, il co-fondatore di English Defence League (Edl), un gruppo inglese che “guida la lotta contro l’islamizzazione globale” e “difende i diritti umani, la democrazia e la legge”, come recita il sito ufficiale.
Il motivo? Ha violato le norme del social network in materia di “condotte d’odio”. La Bbc riporta che il suo account era già stato sospeso più volte, l’ultima delle quali a inizio marzo. Quattro mesi fa era scomparsa anche la spunta blu che certificava l’autenticità del profilo. Il suo account, @TrobinsonNewEra, aveva 413 mila follower. Ma chi è davvero Tommy Robinson?
Il fondatore poi “redento”
L’uomo, che in verità si chiama Stephen Yaxley-Lennon, è nato a Luton, Regno Unito, il 27 novembre 1982. L’uomo aveva abbandonato l’Edl già nel 2013, dopo averlo creato il 27 giugno del 2009. Robinson si era insomma fatto da parte, spiegando che temeva “i pericoli dell’estremismo di destra”, come aveva scritto la Bbc.
Non aveva però rinnegato le sue idee: aveva detto basta alla sua vicinanza al movimento, ma aveva ribadito la “necessità di contrastare l’ideologia islamista”, anche se “non con la violenza ma con idee migliori, democratiche".
La sua pagina di Wikipedia lo descrive come “attivista di destra”, ma la sua seppur breve carriera lo ha già visto protagonista in diverse situazioni. Oltre alla parentesi Edl, Robinson ha fondato nel 2010 la European Defence League, un gruppo che racchiude diversi movimenti simili a quello britannico. È poi entrato poi a far parte del British Freedom Party, un partito di estrema destra nato nel 2010 e scomparso appena due anni dopo, a dicembre 2012, diventandone leader.
Il carcere
Non solo politica, nel curriculum di Tommy Robinson c’è anche un’altra passione dalle tinte piuttosto accese. Quelle blu e arancioni del Luton Football Club, la squadra di calcio della sua città e per la quale Tommy fa il tifo. C’è di più: secondo la Bbc, il soprannome scelto dall’uomo (che, come detto, in verità si chiama Stephen), è dovuto a un hooligan – la frangia più facinorosa del tifo inglese – dei Men in Gear (Mig), un gruppo di supporter del Luton.
Questo accanito sostenitore si chiamava proprio Tommy Robinson. Il 24 agosto del 2010, Robinson – quello che è stato bannato da Twitter, cioè Stephen – fu coinvolto in una rissa da stadio. L’episodio gli costò la squalifica, per tre anni, da eventi calcistici. E negli anni a seguire ebbe anche modo di finire in carcere in diversi momenti.
Una volta, a fine 2011, trascorse tre giorni in carcere per una dimostrazione contro la Fifa, la Federazione calcistica internazionale, e poi ancora un altro periodo di reclusione per essere entrato negli Stati Uniti in maniera illegale.
Un mutuo da galera
Dopo l’addio all’Edl, Robinson ha attraversato altri guai: a gennaio 2014 è stato condannato a 18 mesi di carcere per frode relativa a un mutuo. A novembre, in anticipo sulla data prevista originariamente, è uscito di prigione. Le polemiche sul personaggio non si esauriscono comunque qui: lo scorso 19 giugno twittò poco dopo l’attacco a Finsbury Park a Londra, quando Darren Osborne si lanciò con un furgone su un gruppo di fedeli musulmani nei pressi di un luogo di culto uccidendone uno.
Robinson scrisse che “la moschea attaccata ha una lunga storia nel creare terroristi e jihadisti radicalizzati, promuovendo odio e segregazione”. Due giorni più tardi, il 21 giugno, sarebbe uscito un libro, scritto proprio da Tommy, intitolato “Perché i musulmani uccidono per l’Islam”. Non era la prima opera dell’uomo: già nel 2015 aveva pubblicato un testo dal titolo “Nemico dello Stato”. Se quest’ultimo era un’autobiografia, il testo del 2017 prometteva di spiegare perché “l’Islam è una religione di guerra e conquista”.
Una carriera da cronista
Non solo libri. Robinson scrive anche per The Rebel Media, un progetto editoriale canadese di estrema destra. Uno degli ultimi contributi arriva dall’Italia: è un reportage da Roma, dove l’uomo ha avuto screzi con alcuni migranti nei pressi della stazione Termini.
Ma l’ultima volta che Tommy è finito sulle pagine dei giornali è stata domenica scorsa, quando si è presentato a Londra al celebre Speaker’s Corner in Hyde Park per leggere un discorso scritto da Martin Sellner, il leader di Identitäre Bewegung Österreichs, il movimento nazionalistico di estrema destra austriaco. Sellner, insieme alla fidanzata Brittany Pettibone, era stato fermato all’aeroporto di Luton, senza così poter raggiungere Londra dove avrebbe dovuto parlare.
Alcuni gruppi hanno protestato sostenendo che sia venuta meno la libertà di espressione. Mentre sul suo profilo Facebook – quello è ancora aperto – Robinson parla di diritti violati, su Twitter è nato l’hashtag #IamTommy. Ma non tutti la pensano così. Il Guardian ha scritto che “il discorso d’odio conduce alla violenza” e che quindi, forse, “il diritto a un palco (da cui parlare, ndr) non è assoluto”.