Il primo ministro britannico Theresa May sostiene di aver presentato agli alleati, che l'hanno seguita con una raffica di espulsioni di diplomatici russi, prove del coinvolgimento del governo di Mosca nell'avvelenamento dell'ex spia russa Sergei Skripal e di sua figlia Yulia, avvenuto a Salisbury lo scorso 6 marzo. L'attacco sarebbe stato perpetrato con il gas nervino A-234, appartenente al sistema Novichok, che il Cremlino giura di non aver mai prodotto. La "pistola fumante", per ora, non c'è. Trovarla spetterà agli ispettori dell'Opcw, l'agenzia Onu per la proibizione delle armi chimiche, giunti nella città britannica lo scorso 21 marzo, due settimane dopo l'attentato. Nel frattempo, appare possibile supporre che le contrastanti versioni dei fatti siano entrambe errate. Mentirebbe la Russia quando afferma di non aver mai prodotto il Novichok (testimonianze di senso contrario risalgono agli anni '90). E mentirebbe May quando afferma di poter attribuire direttamente a Putin le responsabilità dell'attacco. A smontare tutte e due le ricostruzioni sono gli stessi scienziati che lavorarono al programma segreto, a quanto emerge da alcune interviste rilasciate nei giorni scorsi.
Il Cremlino smentisce se stesso
Il primo a parlare è stato Leonid Rink, lo scienziato che supervisionò il team di chimici che, dagli anni '70 fino ai primi '90, aveva lavorato al programma in due laboratori, uno a Sichany, nell'Oblast di Saratov, l'altro nella capitale. L'intervista esclusiva è stata rilasciata lo scorso 20 marzo alla Ria Novosti, una delle agenzie stampa controllate dal Cremlino. E già qui è impossibile non sottolineare una curiosa contraddizione. La Ria Novosti chiama Rink "il creatore del Novichok" e ne ammette quindi l'esistenza proprio mentre, nelle stesse ore, il viceministro degli Esteri, Serghei Ryabkov, negava categoricamente a un'altra agenzia, la Interfax, che un programma Novichok fosse mai esistito. Ovvero la stessa tesi che, il 15 marzo, di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, era stata sostenuta dal delegato russo Vassily Nebenzya. In un confronto durissimo con la controparte britannica, Nebenzya aveva affermato che "nessun programma scientifico di ricerca e sviluppo sotto il nome Novichok è mai stato portato avanti" ed era arrivato ad insinuare che l'attacco di Salisbury potesse essere una messinscena. "La fonte più probabile di questo agente sono i Paesi che hanno portato avanti ricerche su queste armi, compresa la Gran Bretagna", dichiarò il delegato. Cinque giorni dopo, verrà smentito dai media di Stato. "Al Novichok lavorò un grosso gruppo di esperti a Sichany e Mosca", ha detto Rink a Ria Novosti, "e i risultati furono ottimi".
Nel 1992 la prima rivelazione
Va detto che per la Russia era comunque impossibile negare che gli scienziati sovietici avessero lavorato a quello che è stato definito il gas nervino più letale di sempre. Nel settembre del 1992 due chimici, Lev Fyodorov e Vil Mirzayanov, firmarono un articolo sul settimanale Moskovskiye Novosti, poi ripreso da Will Englund sul Baltimore Sun, nel quale rivelavano che nel '91, ovvero un anno dopo l'accordo per la distruzione degli arsenali chimici firmato dall'allora presidente degli Stati Uniti George H.W. Bush e dalla controparte russa Mikhail Gorbaciov, Mosca aveva proseguito gli esperimenti elaborando una versione del Novichok di inedita pericolosità, da 8 a 10 volte più potente del Vx allora a disposizione degli Usa. Mirzayanov fu arrestato il mese dopo per alto tradimento, con l'accusa di aver rivelato segreti di Stato. Nel processo che seguirà, le autorità russe saranno quindi costrette ad ammettere che il programma Novichok esisteva eccome. Quanto a Mirzayanov, venne incarcerato e ottenne qualche anno dopo i domiciliari, approfittandone per fuggire in Usa, dove ancora vive e lavora. Il 14 marzo scorso il chimico è tornato a parlare, accusando Mosca di non aver distrutto per intero il suo arsenale chimico, come avrebbe invece verificato la stessa Opcw l'11 ottobre 2017. Secondo Mirzayanov, solo il governo russo può essere dietro all'attacco di Salisbury in quanto l'agente sarebbe troppo complicato da utilizzare per operatori non governativi. "È una tortura, è assolutamente incurabile", ha dichiarato lo scienziato, descrivendo gli effetti del gas, che "rende impossibile respirare e causa dolore inimmaginabile".
È stato davvero usato il Novichok?
Quest'ultimo punto, di primo acchito, parrebbe corroborare i dubbi sollevati da testate espressione del Cremlino, come Sputnik, secondo le quali l'attacco non sarebbe stato attuato con un gas (o una polvere) della famiglia Novichok. Skripal e sua figlia - è il ragionamento - sono sopravvissuti, pur in condizioni gravi, e l'agente Nick Bailey (che aveva perquisito la loro abitazione ed è stato già dimesso) è l'unico altro soggetto ad aver dovuto ricorrere a cure mediche, laddove altre decine di persone potenzialmente colpite non hanno manifestato alcun sintomo. Circostanze che rafforzano peraltro la pista secondo la quale gli Skripal sarebbero stati avvelenati in casa, magari ingerendo la sostanza. Siamo dunque sicuri che sia stato utilizzato l'A-234, fino a dieci volte più potente del Vx? Come interpretare quindi l'atteggiamento di Londra, che non ha voluto fornire a Mosca nessun reperto, declinando seccamente le offerte di collaborazione giunte subito dal capo della diplomazia russa, Serghei Lavrov?
Secondo Rink, se fosse stato usato davvero l'A-234, Skripal e sua figlia non sarebbero vivi e la mancata uccisione dei bersagli proverebbe che dietro non c'è una superpotenza come la Russia (una ex spia del Kgb come Putin, sottintende lo scienziato, se vuole attuare un'operazione del genere fa le cose per bene): "Lanciare un razzo potente contro una persona irrilevante e mancarla pure è il massimo della follia", dice, "per ora sono ancora vivi. Ciò significa che o non si tratta affatto del sistema Novichok o è stato sintetizzato male e usato in maniera maldestra". Lo scienziato afferma poi che l'agente Novichok può essere prodotto con facilità da qualsiasi superpotenza, inclusa quindi la Gran Bretagna, e smentisce la teoria, suggerita dal Telegraph, secondo la quale l'agente nervino era stato nascosto nella valigia che Yulia Skripal aveva portato con sé dalla Russia, affermando che la sostanza si sarebbe deteriorata durante il viaggio. Apparirebbe, a questo punto, probabile che sia stata l'auto il luogo dove l'ex spia e sua figlia sono stati avvelenati, come hanno fatto sapere ad Abc fonti dell'intelligence Usa. Ma allora perché il sergente Bailey è stato avvelenato perquisendo l'abitazione dei due? Per scoprirlo occorrerà ricostruire con precisione tutti i movimenti della coppia.
"Londra non può avere nessuna prova"
In sostanza, l'intervista di Rink evidenzia falle sia nella ricostruzione dei russi che in quella dei britannici. Non finisce però qui. In questi giorni ha parlato un altro scienziato coinvolto, nei primi anni '90, nel programma Novichok. E ha contraddetto in parte la versione del collega. Si tratta di Vladimir Uglev, raggiunto il 23 marzo da Sky News. nel suo buen retiro sul Mar Nero. Secondo Uglev, non ha senso affermare che, se davvero fosse stato utilizzato l'A-234, Skripal e sua figlia sarebbero morti all'istante, come sostenuto dallo stesso Cremlino. Dipende, afferma il chimico, dalla dose. Uglev sostiene inoltre di essere l'unico membro ancora vivo dello staff che aveva lavorato all'ultima versione del Novichok. Rink e Mirzayanov erano dunque impegnati in un programma differente e parallelo? Non si sa. Quel che conta è che, per Uglev, è assolutamente impossibile provare il coinvolgimento del Cremlino.
Ancora il 23 marzo, il chimico parla anche al Guardian, asserendo da una parte che l'agente che ha avvelenato gli Skripal potrebbe essere uscito "dalle sue stesse mani", dall'altra che le chance che gli inquirenti britannici possano legare l'agente nervino a uno specifico laboratorio o Paese "sono forse prossime allo zero". "Non hanno dati sulla sostanza nel database, come possono quindi dire da dove viene?", si domanda Uglev. In conclusione, l'unico modo che Londra avrebbe per capire se la sostanza utilizzata appartiene alla famiglia del Novichok sarebbe accettare la collaborazione dei russi. Ma non è affatto impossibile che gli ispettori dell'Opcw, che dovrebbero completare gli esami tra un paio di settimane, riescano a fare luce su questo punto. Anche qua, a traballare stavolta è la versione di May. Se all'Opcw servono tre settimane per giungere a un primo risultato, come ha fatto Downing Street a saltare così in fretta alla conclusione?
E se l'agente nervino fosse stato rubato?
Sullo sfondo, resta un'ipotesi assai inquietante ma realistica: che l'agente utilizzato contro gli Skripal sia stato effettivamente il Novichok ma che a scatenare l'attacco sia stato un soggetto terzo (di provenienza russa o meno) impossessatosi della sostanza chissà come. Maria Zakharova, la portavoce di Lavrov, ha puntato il dito su Svezia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Usa e addirittura lo stesso Regno Unito, tutti Paesi che, a sua detta, avrebbero effettuato ricerche sul Novichok in seguito alle rivelazioni di Mirzayanov. Lo scienziato "traditore", in effetti, avrebbe potuto benissimo condividere i suoi segreti con qualche Stato membro della Nato, una volta riparato in America. Il punto è che non c'è bisogno di spingersi fino ad alludere a un possibile "false flag", come fa Mosca. È infatti accertato che, nel caos successivo alla caduta del comunismo, parte dello stock di A-234 è finito nel fiorente mercato nero di armi sovietiche sviluppatosi in quegli anni confusi. Come? Chiedetelo al dottor Rink, che - sottolinea sempre l'Abc - nel 1995 confessò di aver venduto un campione del gas nervino a una gang criminale, beccandosi appena un anno di prigione. Nel suo garage, si scoprì, erano stipati alcuni fusti che contenevano la sostanza. Ma gli agenti nervini non si deteriorano con facilità? Secondo il collega Uglev, "se conservati in maniera appropriata, credo possano avvelenare qualcuno anche dopo 50 anni". Nel caso, si capirebbe come Vladimir Putin possa aver preferito alzare ancora il livello di scontro con l'Occidente piuttosto che presentarsi agli elettori con l'imbarazzante ammissione di non sapere bene che fine abbia fatto parte delle più letali armi chimiche mai prodotte dall'Urss.