Cosa succederà quando i media spegneranno i loro riflettori sui ragazzi di #NeverAgain? Sono passate cinque settimane dalla sparatoria di Parkland e dall’ennesima, tragica, strage all’interno di una scuola americana, costata la vita a 17 persone. Soprattutto studenti. Cinque settimane in cui un gruppo di ragazzi ha preso in mano il dibattito sull’uso e sulla diffusione delle armi negli Stati Uniti. Giorni di interviste, di accuse e smentite, di comizi e di incontri, di hashtag e virgolettati. E di proposte. Fino alla marcia di sabato scorso che ha coinvolto più di 800mila persone a Washington e più di 800 eventi gemelli sparsi in tutto il mondo. Anzi, come ricorda Matt Deitsch, su Vanity Fair, in tutti i Continenti: “Persino alcuni scienziati in Antartide ne hanno organizzata una”.
Deitsch è uno dei ragazzi che si è aggiunto al nucleo iniziale del Movimento e che si occupa, oggi, di tenere alta l’attenzione sui social. Sì, perché la risposta alla domanda iniziale di questo pezzo, che in America ha iniziato a circolare con insistenza, interessa pochissimo a chi, in queste cinque settimane, ha deciso di arruolare più coetanei possibili per una battaglia che non si svolgerà nei telegiornali o sulle pagine dei giornali: "Intendete i vecchi media” ha sottolineato il diciottenne facendo capire che i piani dei ragazzi di Parkland sono molto distanti dalla narrazione a cui siamo abituati. L’obiettivo, ora che l’attenzione è massima, è quello di percorrere quei canali che hanno permesso una crescita rapidissima e di arrivare all’unico pubblico a cui sono davvero interessati: i ragazzi e le ragazze nati nel nuovo millennio. Twitter e Youtube, Snapchat e Instagram. Già Facebook, seppur usato, è considerato troppo “vecchio” per poter incidere realmente e gettare le basi per un vero cambiamento.
Un laboratorio, fisico e virtuale
I ragazzi dicono di star lavorando all’interno di un modesto ufficio, di diverse stanze, all’interno di un centro commerciale. Un luogo, messo a disposizione da un non precisato donatore, la cui identità viene difesa strenuamente. Un netto miglioramento rispetto al soggiorno di Cameron Kasky, uno dei fondatori di #NeverAgain, da cui tutto è partito. Un luogo ancora piuttosto angusto, però, dove alcuni sono costretti a lavorare rimanendo in piedi. Ci sono, infatti, meno di 10 sedie da ufficio che vengono portate in giro per gli ambienti e una sala conferenza, se così può essere chiamata, che serve per le riunioni allargate. E un mini-frigo, pieno di bevande analcoliche. Una postazione di lavoro, un centro di creatività, una fucina di idee da cui usciranno quei contenuti che invaderanno, prestissimo, il web. ”Ciò che gran parte della mia generazione fa è sostanzialmente tornare a casa da scuola, mangiare uno snack e guardare qualsiasi cosa ci sia su YouTube", dice David Hogg, che di #NeverAgain è uno dei volti più conosciuti. Ed è lì che il gruppo vuole inserirsi.
Oggi, la cerchia principale del movimento è composta da una ventina di studenti. C’è chi è più esposto, come Emma González, Jaclyn Corin e Alex Wind, finiti persino sulla copertina del TIME, e chi, come Dylan Baierlein e Matt Deitsch, lavora più dietro le quinte, definendo operativamente le prossime mosse. Seppur ancora molto giovani, quasi tutti questi ragazzi hanno fatto parte, o hanno fondato, alcune delle attività più importanti del loro istituto. Come la scuola per attori o il giornale ufficiale. Conosco i segreti della comunicazione e di come si veicola un messaggio o una notizia. E se stare davanti alle telecamere può dare un certo tipo di visibilità, alcuni dei co-fondatori del movimento, ospiti della trasmissione 60 minutes della CBS, sono stati ascoltati da oltre 10 milioni di spettatori, sono consapevoli che saranno i social ad ampliare il loro seguito e a dare manforte alle loro azioni. Gonzalez, ad esempio, ha superato il milione di follower su twitter, in un account aperto appena un mese fa, dopo la strage.
I video come arma principale di propaganda
Baierlein ha raccontato come negli ultimi giorni il team abbia quasi ultimato la stesura dei primi contenuti video per YouTube. Dureranno dai 2 ai 5 minuti e toccheranno diversi temi: le posizioni dei partiti sul tema delle armi, la storia e la diffusione della violenza armata negli USA, informazioni su come registrarsi per il voto. Cercheranno, ad esempio, di cambiare il modo in cui gli americani parlano di pistole, allontanandosi dalla propaganda politica di entrambi i partiti. Ma renderanno noti anche i backstage del loro lavoro. Insieme, come è ovvio, alle loro proposte concrete volte a convincere il Congresso a cambiare la propria visione e le proprie leggi. Non è un caso se molti di loro sono sempre in movimento, spostandosi fino a New York e Washington per incontrare politici, associazioni o giornalisti.
Un sistema “rigido” di approvazione dei contenuti
Baierlein ha descritto come, nel gruppo, siano attive delle regole molto severe per quanto riguarda la produzione e la diffusione dei messaggi. Ogni membro ha potere di veto e lo esercita senza paura e con grande libertà: “Quando qualcuno ha un'idea per un tweet, lo scrive, lo manda a tutti gli altri e aspetta le modifiche e l’approvazione”. Le regole di base sono semplici: niente parolacce, niente violenza (nemmeno simbolica) e nessun attacco diretto e meschino. Usare i social per informare e costituire una community attiva e coinvolta. Niente macchina del fango e nessun nemico da denigrare. Sanno che commettere un solo errore potrebbe vanificare tutti i loro sforzi. Tutto questo però non significa rinunciare a ribattere, colpo su colpo, a quello che la NRA (National Rifle Association, l’organizzazione che agisce in favore dei detentori di armi da fuoco degli Stati Uniti d’America) il loro principale avversario, pubblica. Qui un esempio di risposta al video pubblicato dalla leader Dana Loesch, fatto in occasione della serata degli Oscar.
L’originale NRA
La replica del Movimento #NeverAgain
Qui invece una risposta alla foto pubblicata dalla NRA, con una delle armi più letali in bella evidenza, in occasione dell’anniversario di Parkland. Un messaggio che ha fatto indignare i ragazzi di Parkland senza però togliergli lucidità. La replica, #EnoughIsEnough, è un altro degli hashtag più potenti e usati in queste settimane.
L’appoggio dei VIP
I ragazzi sanno, inoltre, che non possono fare a meno dell’appoggio e dell’endorsment di chi appartiene allo show-business: attori, registi, giornalisti, miliardari. Non è un caso se, la marcia di sabato, ha goduto di alcune donazioni provenienti da personaggi in vista come George Clooney e Steven Spielberg. Jaclyn Corin, ad esempio, ha rivelato come uno dei suoi compiti, nelle scorse settimane, fosse stato quello di registrare dei video personalizzati da inviare a destinatari precisi e potenzialmente interessati a sostenere la loro causa.
L’abbandono di Never Again
Questo è uno degli ultimi articoli che descriverà i ragazzi come appartenenti al Movimento #NeverAgain. Sì, perché quel nome sarà presto abbandonato. Non è, infatti, così originale anche se è venuto in mente a Kasky, come lui stesso ha ammesso al New Yorker, mentre era in bagno. Appartiene a una comunicazione relativa all’Olocausto e ai fatti tragici accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale. E anche la versione personalizzata, NeverAgainMSD, è un marchio registrato. Il gruppo ha ricevuto l’autorizzazione per usarlo durante la marcia, affiancandolo all’hashtag ufficiale #MarchForOurLives, ma ora è necessario un rebranding totale. Un nome nuovo che nascerà all’interno delle piccole stanze di quell’ufficio inaugurato da pochi giorni. Il quartier generale di una battaglia che è appena iniziata.