L’Europol, l’Ufficio europeo di polizia, domanda aiuto ai cittadini per contrastare i casi di abusi sui bambini. Si chiama “Stop Child Abuse – Trace an Object” ed è una pagina web tramite cui chiede agli utenti di fornire tutte le informazioni possibili sull’origine, e sui Paesi di vendita, di oggetti immortalati in alcune fotografie. Sono particolari, oggetti spesso in secondo piano, originariamente contenuti nelle foto sessualmente esplicite che riguardano soggetti minori.
L’aiuto del pubblico
Il progetto è cominciato lo scorso giugno con le prime venti fotografie. Via via che alcune immagini sono state “risolte” ne sono state caricate altre. Da allora, si legge in una nota di Europol di fine febbraio, gli utenti hanno mandato “più di 18.300 indizi, informazioni poi attentamente elaborate dal Centro Europeo contro il Cybercrimine (EC3)”. In questo modo 70 oggetti sono stati identificati.
Di questi 70 oggetti, “25 sono stati individuati come provenienti da un solo paese di produzione o da una manciata di Stati”, scrive l’Europol. In questo modo “possiamo essere quasi certi che l’immagine contenente l’abuso sessuali nei confronti dei minori è avvenuto in quei paesi”.
L’aiuto del pubblico è fondamentale: la probabilità che nel mondo qualcuno possa aiutare a riconoscere un oggetto sono ovviamente molto più alte di quelle che hanno gli occhi degli investigatori che possono lavorare su questi casi. Una volta individuata una rosa ristretta di potenziali paesi di origine, Europol trasmette poi ai diversi soggetti coinvolti, come le polizie dei diversi Stati, le informazioni raccolte. E si può mettere in contatto con le aziende produttrici degli oggetti identificati per cercare di definire in maniera più precisa il luogo in cui è stata scattata la foto.
“Ci sono numerose indagini in corso”, fanno sapere, e “anche se sono molto difficili e possono richiedere mesi o anni, gli indizi raccolti tramite Trace an Object possono essere fondamentali per far partire approfondimenti o collegare prove differenti”.
Crowdsourcing, cioè idee collaborative
Non tutte le segnalazioni hanno finora portato a una identificazione del luogo in cui potrebbe essere stata scattata la fotografia incriminata. “Quarantacinque immagini non hanno portato a un luogo specifico perché sono oggetti presenti in molti paesi del mondo”. Anche in questo caso, comunque, l’aiuto degli utenti online è prezioso: “Ci consentono di escludere certe tracce e di investire risorse altrove con maggior probabilità di successo”, spiegano dall’Aia.
Non più tardi di due settimane fa la Polizia europea ha aggiornato per l’ennesima volta il sito caricando nuove fotografie. Da identificare, ora, ci sono 25 oggetti: un porta-fazzoletti squadrato, giallo e verde, con disegnato un profilo di una persona, ad esempio. Oppure una busta con un disegno viola e alcuni pipistrelli stilizzati. Le foto sono disponibili qui, ed è possibile fornire informazioni, anche in modo anonimo, semplicemente cliccando sul tasto ‘Manda informazioni’ che si apre ingrandendo l’immagine.
Per supportare il progetto di Europol, il sito di giornalismo partecipativo Bellingcat ha rilanciato le immagini su Check, una piattaforma di fact-checking in crowdsourcing. Che cosa significa? È il tentativo di attivare una comunità di utenti stimolandola a raccogliere idee e suggerimenti su un determinato tema.