Per certi versi, è una rivoluzione. Dopo una maratona negoziale di oltre ventiquattro ore, Cdu/Csu e Spd hanno trovato l'intesa definitiva per una nuova Grosse Koalition, mettendo nero su bianco un contratto di coalizione composto da ben 167 pagine, il cui primo capitolo è significativamente dedicato all'Europa, anzi ad "una nuova partenza" della Ue.
Un messaggio chiaro per dire che i tre partiti intendono prendere molto più sul serio il ruolo della Germania all'interno della costruzione europea, anche e proprio nel senso delle riforme proposte dal presidente francese Emmanuel Macron. "Un rafforzamento e una maggiore integrazione" è l'obiettivo del nuovo governo Merkel, anche come argine e strategia contro i populismi. Per il resto, la rivoluzione ha sicuramente il volto dei socialdemocratici di Martin Schulz. Ed è un terremoto.
La Spd porta a casa tutti i ministeri chiave
Fortemente lacerati al proprio interno, sono paradossalmente riusciti a fare della loro debolezza e del tracollo alle elezioni del 24 settembre la chiave per il successo nelle trattative per la Groko, avendo loro permesso di alzare l'asticella negoziale. La Spd porta infatti a casa tutti i ministeri cruciali (facendo sospirare a qualche esponente cristiano-democratico "almeno ci rimane la cancelleria"): le Finanze, gli Esteri, il Lavoro, l'Ambiente, la Giustizia. Non era affatto scontato, a cominciare dalle Finanze, di cui è stato incontrastato padrone Wolfgang Schaeuble finché non è stato eletto presidente del Bundestag.
E qui è la seconda grande sorpresa della giornata: il suo ministero andrà al borgomastro di Amburgo, Olaf Scholz. Avversario di Martin Schulz nella Spd con fama da duro, avrà anche il ruolo di vicecancelliere, il che la dice lunga sugli equilibri del governo. E se è più attesa la conquista degli Esteri da parte di Schulz - assolutamente in linea con il suo passato di presidente del parlamento europeo - il vero colpo di scena è stato l'annuncio che lascerà la guida del partito, al cui vertice era stato eletto meno di un anno fa col 100% dei consensi, per poi precipitare nella spirale delle sconfitte elettorali e del crollo nei sondaggi, con i socialdemocratici duramente divisi al loro interno tra i "No Groko" (i giovani del partito in testa) e i "Sì Groko".
Al suo posto la sanguigna ex ministra del lavoro Andrea Nahles, e anche questo non è un caso: è lei una dei pochi a saper ancora scaldare il cuore dei socialdemocratici, come si è visto al recente congresso straordinario di Bonn. Per di più, sarà la prima donna al vertice nella lunghissima storia della Spd.
Ma il partito è spaccato
A quattro mesi e mezzo dalle elezioni, dunque ci siamo. O quasi. Perché il prossimo appuntamento al cardiopalma è infatti il referendum tra gli iscritti della Spd, fortemente voluto dallo stesso Schulz per giustificare il dietrofront a favore di nuove trattative di governo dopo aver dichiarato, a urna ancora calde, che l'unica opzione possibile era quella di tornare all'opposizione. Sono oltre 400 mila i membri della Spd che a partire dal 20 febbraio fino alla sera del 3 marzo voteranno il loro gradimento o meno ad una nuova edizione della Grosse Koalition.
Come annunciato ieri alla Willy-Brandt-Haus, il quartier generale del partito, i risultati saranno proclamati alle 9 del mattino del 4 marzo: e qualche elemento di suspense c'è, visto che, dietro appello dei "Jusos", i giovani socialdemocratici, si sono registrati dall'inizio dell'anno oltre 24 mila nuove adesioni. Che avranno il loro peso. La cancelliera, da parte sua, sembra mostrare una debolezza senza precedenti nella sua lunga esperienza di governo.
Ha dovuto spiegare quanto fossero importanti i dicasteri assegnati alla Cdu (Economia, Difesa, Sanità, Istruzione e Agricoltura), ma ha dovuto accettare l'addio al governo di un suo fedelissimo come Thomas de Maiziere, finora responsabile degli Interni, e la perdita di un dicastero cruciale come quello delle Finanze, determinante sotto il profilo europeo. Gli Interni, e con loro una parte della gestione dello scottantissimo capitolo dei migranti, è stato concesso a Horst Seehofer, capo della Csu e governatore uscente della Baviera, a cui viene aggiunta anche una competenza definita "patria": un chiaro messaggio ai populisti e alla fascia destra della compagine di governo.
Manca all'appello anche Sigmar Gabriel, finora ministro degli Esteri molto apprezzato in Europa, propugnatore della prima ora dell'alleanza con la Francia di Emmanuel Macron. è sicuramente tra gli scontenti di queste ore, così come il "giovane" Kevin Kuhnert, il capo dei "Jusos", che su Twitter ha fatto sapere di essere "senza parole": "Essere contro la Groko vuole anche dire essere contro un certo stile politico, che oggi l'ha fatta da padrone". Se questo sentimento dovesse avere nuovi proseliti dentro la Spd, il 4 marzo ci sarà di nuovo da tremare. A Berlino e non solo.