Tutti gli occhi sono puntati su Martin Schulz: quelli di Angela Merkel, di Emmanuel Macron, delle maggiori capitali europee, ma soprattutto lo sguardo nervoso dei socialdemocratici tedeschi. È il congresso del destino quello che si apre domenica a Bonn: i seicento delegati di una Spd a dir poco lacerata dovranno decidere il via libera definitivo alla Grosse Koalition con la Cdu/Csu della cancelliera. Il problema è che in gioco c'è troppo: non solo la partecipazione dei socialdemocratici tedeschi al governo dopo il fallimento della trattativa "Giamaica" (Cdu/Csu più liberali dell'Fdp e Verdi), ma anche la stabilità del Paese-locomotore del Vecchio continente, la tenuta di Merkel come leader globale e, su un piano per certi versi altrettanto drammatico, l'identità e il futuro del più antico partito socialdemocratico d'Europa, uscito traumatizzato dalle elezioni dello scorso 24 settembre, dove ha messo a segno il suo peggiore risultato dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi.
GroKo favorita
In teoria, le probabilità di una vittoria di un sì dei delegati alla "GroKo" sarebbero discrete: mentre si moltiplicano gli appelli ai delegati (l'ultimo è quello di Andrea Nahles, la capogruppo al Bundestag, che ha invitato "a valutare fino in fondo le drammatiche conseguenze di un no"), schierata con i vertici c'è buona parte della sinistra del partito, la maggior parte dei sindacati e dei presidenti dei Laender governati dalla Spd, i sindaci delle grandi città, la "vecchia guardia" socialdemocratica nonchè la maggioranza dei tedeschi in generale: a detta degli ultimi sondaggi, circa due terzi degli elettori sarebbero favorevoli ad una nuova edizione della grande coalizione e contrarissimi ad un nuovo stallo.
Sempre in teoria, i "No-Groko" dentro alla Spd sono minoritari, pur comprendendo i combattivi "Jusos" (associazione giovanile dei socialdemocatici) e le unioni regionali del partito a Berlino, nella Sassonia-Anhalt e in Turingia. Nondimeno il tema di una nuova Grosse Koalition tocca un nervo scopertissimo per i gli eredi di Willy Brandt e Helmut Schmidt, rendendo l'esito del voto di domani più incerto: nei governi Merkel la Spd ha perso costantemente voti e identità, è l'accusa che si rivolgono tra di loro i compagni. Che però si trovano tra l'incudine e il martello: se, a causa della rottura delle trattative con Cdu/Csu si dovesse tornare alle urne, è pressoché certo che l'esito sarebbe ancor più disastroso di quello di tre mesi fa. Forse sotto la soglia, già considerata devastante, del 20%.
Shulz in bilico
A rendere ancor più intricato il quadro, la performance di Martin Schulz: appena chiuse le urne, il leader del partito aveva tuonato "basta con la Grosse Koalition", e ora ha l'ingrato compito di vendere alla base il contrario del proprio verbo. E questo alla fine di un percorso che un anno fa l'aveva visto prima campione dei sondaggi e credibile sfidante alla cancelleria, poi sconfitto a tre successive elezioni regionali, infine portatore del peggior risultato della Spd in oltre 70 anni. È anche il suo destino ad essere in gioco, domani: in queste ore quasi tutti gli osservatori ribadiscono che una eventuale vittoria dei no sarebbe tutt'uno con le sue dimissioni. Il mantra del partito, oggi, è "rinnovamento".
Tornare al tavolo?
Solo che metà del partito lo vede dentro l'alleanza di governo con Frau Merkel, l'altra metà pensa che sia possibile solo all'opposizione. In un contesto già difficile, c'è anche chi chiede di riaprire il tavolo del "pre-accordo di coalizione" faticosamente raggiunto nove giorni fa con la Cdu e i loro "cugini" bavaresi della Csu: la Spd del Nordreno-Vestfalia e quella dell'Assia hanno chiesto di tornare al tavolo per strappare "sostanziali miglioramenti" all'intesa, soprattutto nei campi del mercato del lavoro, della sanità e sull'immigrazione. Messaggio già rimandato al mittente da parte dal fronte merkeliano, mentre la stessa capogruppo Nahles ha ribadito che date le condizioni i socialdemocratici avevano già ottenuto il massimo.
Il nodo vero
Il nodo vero è che il partito chiede per se stesso e per i vertici un radicale "nuovo inizio". Fonti interne fanno intendere che un punto d'accordo potrà esserci domani a Bonn se i vertici saranno in grado di offrire una credibile "road map" di rinnovamento della Spd. Due le ipotesi. Primo, un passo indietro di Schulz, che dovrebbe rinunciare al proprio posto dentro la compagine governativa (per lui si era ipotizzato il ministero degli Esteri), in modo da concentrarsi su una drastica riorganizzazione del partito. Secondo, una "Grosse Koalition 2.0" a tempo determinato, ossia di soli due anni, dopo i quali Merkel dovrebbe rimettere il mandato, e poi rimescolare tutte le carte. Quanto uno scenario del genere sia credibile, lo si capirà domani pomeriggio a Bonn, quando i seicento delegati socialdemocratici avranno espresso il loro voto.