Il governo iraniano rischia di perdere il controllo della rete dopo che, il 31 dicembre, è scattato il blocco dell’app di messaggistica istantanea Telegram e del social network Instagram, nel tentativo di arginare le proteste scoppiate giovedì scorso in tutto il Paese.
La restrizione, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa nazionale Irib, è “temporanea” e mirata a “mantenere la pace”, ma ciò ha generato un incremento negli accessi a Tor, la rete informatica all’interno della quale gli utenti sono nascosti dietro anonimato (nota anche come dark web) dove lunedì si sono superate le diecimila connessioni singole.
Grazie al software mantenuto dal Tor Project, l’utente è in grado di aggirare la censura e accedere a Internet e ai social network. Il governo iraniano teme che il coordinamento di attivisti e manifestanti in tutto il Paese possa portare le proteste a estendersi, data anche la grandissima diffusione di Telegram nel Paese, dove è utilizzato da almeno venti milioni di utenti.
L'accusa al governo del fondatore di Telegram, Pavel durov
Dal suo account Twitter, il fondatore di Telegram Pavel Durov ha denunciato la decisione del governo iraniano di bloccare l’utilizzo dell’app: “Dopo esserci pubblicamente rifiutati di chiudere il gruppo Sedaiemardom (uno dei canali dell’app nei quali si è maggiormente dato impulso alla protesta, ndr) e altri gruppi di pacifici attivisti”.
Il governo iraniano aveva già chiesto e ottenuto il 30 dicembre la cancellazione di un altro canale, Amadnews, all’interno del quale si invitava apertamente all’utilizzo della violenza “e delle molotov”, per radicalizzare la protesta.
In questo caso il gruppo violava i principi di utilizzo dell’app, che vieta espressamente l’utilizzo dei canali per diffondere contenuti violenti. In un post sul suo canale personale di Telegram, Durov ha spiegato che Telegram prevede “I più basilari termini di servizio possibili per una app: non sono tollerati appelli alla violenza, pornografia e violazioni del copyright”.
Il controllo della rete in Iran
Negli anni i vari governi in Iran hanno spesso fatto ricorso al controllo della rete per arginare le proteste e tentare di manipolare l’opinione pubblica. Secondo l’organizzazione per il monitoraggio delle restrizioni su Internet Ooni - molto attiva anche durante la censura di alcuni siti durante le primarie in Catalogna - negli ultimi tre anni il governo di Teheran ha censurato 866 domini, con particolare attenzione verso siti di informazione, pagine a sostegno dei gruppi di opposizione e siti di organizzazioni per la tutela dei diritti umani.
Dai dati di accesso alla rete Tor è possibile verificare che i due episodi più rilevanti nella storia della rete anonima in Iran risalgono a febbraio del 2012 (90mila connessioni) sulla spinta delle Primavere Arabe, e nel gennaio del 2013.