"Il futuro del Myanmar dev'essere la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità". Non ha usato la parola "Rohingya", per rispetto alla chiesa locale che gli ha chiesto prudenza e anche alla leader birmana San Suu Kyi Impegnata in una difficile transizione dalla dittatura militare durata 60 anni ad una incerta democrazia (Corriere della Sera).
Ma certo Papa Francesco si è riferito in modo trasparente alle persecuzioni subite da questa minoranza musulmana perché nel suo discorso ufficiale, pronunciato nel Palazzo presidenziale di Naypyidaw, la nuova capitale del Myanmar dopo l'incontro con il capo dello Stato Htin Kyaw, quando ha invocato in modo del tutto chiaro un cambiamento nel senso del "rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo, nessuno escluso, di offrire il suo legittimo contributo al bene comune".
"Sono molto lieto - ha detto il Papa - che la mia visita si realizzi dopo l'istituzione delle formali relazioni diplomatiche tra Myanmar e Santa Sede. Vorrei vedere questa decisione come segno dell'impegno della nazione a perseguire il dialogo e la cooperazione costruttiva all'interno della più grande comunità internazionale, come anche a rinnovare il tessuto della società civile. Vorrei anche che la mia visita potesse abbracciare l'intera popolazione del Myanmar e offrire una parola di incoraggiamento a tutti coloro che stanno lavorando per costruire un ordine sociale giusto, riconciliato e inclusivo" (Repubblica).
"Posso solo esprimere apprezzamento - ha assicurato Francesco - per gli sforzi del Governo nell'affrontare questa sfida, in particolare attraverso la Conferenza di pace di Panglong, che riunisce i rappresentanti dei vari gruppi nel tentativo di porre fine alla violenza, di costruire fiducia e garantire il rispetto dei diritti di tutti quelli che considerano questa terra la loro casa. In effetti, l'arduo processo di costruzione della pace e della riconciliazione nazionale può avanzare solo attraverso l'impegno per la giustizia e il rispetto dei diritti umani. La sapienza dei saggi ha definito la giustizia come la volontà di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto, mentre gli antichi profeti l'hanno considerata come il fondamento della pace vera e duratura". Francesco sogna dunque un Myanmar dove le diversità abbiano cittadinanza, come ha confidato nell'incontro a Yangon con i leader delle diverse religioni. (RaiNews)
"Tre volte uno di voi ha usato la parola armonia. Questa è la pace: armonia, armonia. Noi, in questo momento in cui dobbiamo vivere, sperimentiamo una tendenza globale verso l'uniformità, per fare tutto lo stesso. Questo sta uccidendo l'umanità. Questa è una colonizzazione culturale", ha affermato il Papa nell'incontro interreligioso all'arcivescovado di Yangon. "Dobbiamo capire - ha esortato il pontefice - la ricchezza delle nostre differenze (etniche, religiose, popolari), e da queste differenze c'è il dialogo. E da queste differenze si impara dall'altro, come fratelli ... che, come fratelli, stanno contribuendo a costruire questo paese, che anche geograficamente ha così tante ricchezze e differenze". È stata evidente la sintonia tra Francesco e la leader birmana, Aung San Suu Kyi,che ha pronunciato alcune parole in italiano per condividere in modo piò diretto il senso storico di questa visita che è la prima di un Papa nel paese e dunque anche il segnale di un cambiamento importante, una benedizione al processo democratico che è faticosamente in corso.