Addis Abeba la chiamerà "Grande diga del rinascimento etiope", sorgerà sul Nilo Azzurro e a costruirla sarà la multinazionale italiana Salini Impregilo. Lunga 1,8 chilometri e alta 155 metri, sarà la più grande struttura di questo genere in Africa, e sosterrà inoltre quella che sarà la maggiore centrale idroelettrica del continente nero: 6.000 megawatt, una potenza pari a tutta quella installata in Africa orientale. Il progetto però non piace a Sudan ed Egitto, gli altri due Paesi nei quali scorre il fiume, che temono una riduzione dell'acqua a loro disposizione, con gravi potenziali ripercussioni sulla loro agricoltura.
“L’acqua è una questione di vita o di morte”, ha dichiarato il presidente egiziano al Sisi, "nessuno può toccare la quota d’acqua dell’Egitto”. Il Cairo e Khartoum hanno rigettato la scorsa settimana uno studio preliminare che illustrava le ricadute sui paesi che si trovano a valle del Nilo. L’Egitto in particolare teme che il progetto possa intaccare la propria disponibilità di risorse idriche e danneggiare le coltivazione, penalizzando una popolazione che già si trova a fare i conti con periodiche carenze idriche.
Al Sisi promette di reagire. Ma non si sa come
L’Egitto ogni anno riceve una quota pari a 55,5 miliardi di metri cubi di acqua rispetto al totale di 88 miliardi di metri cubi d’acqua che ogni anno scorrono nel fiume. L’Etiopia ritiene però l’ambizioso progetto essenziale per il suo sviluppo e ha annunciato che non intende fare marcia indietro. A inizio novembre al Sisi aveva già avvisato Addis Abeba: “Valutiamo positivamente le necessità di sviluppo dei nostri amici e fratelli in Etiopia ma siamo in grado di proteggere la nostra sicurezza nazionale e l’acqua per noi è una questione di sicurezza nazionale. Punto.”
Il governo egiziano non ha pubblicamente dichiarato come intende agire nei confronti di Addis Abeba, qualora non dovesse abbandonare i suoi piani. Dopo le dichiarazioni di al Sisi, il ministro degli Esteri egiziani ha “espresso preoccupazione” rispondendo a una telefonata del suo omologo statunitense, il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, riguardante la questione.