Il mistero sulla sorte del primo ministro libanese Saad al Hariri, che il 4 novembre aveva annunciato le dimissioni da Riad, sembra in parte risolto. Ieri il presidente Michel Aoun, la più alta carica istituzionale di Beirut, aveva dichiarato pubblicamente che considerava Hariri detenuto dall'Arabia Saudita, dove il premier si trovava ormai da due settimane, senza che fosse chiaro se godesse o meno di libertà di movimento. Nelle scorse ore Hariri è apparso in tv per chiarire che non era prigioniero, annunciare un suo ritorno in patria "a giorni" e mostrarsi disponibile a un ritorno in politica qualora il Libano si mantenesse neutrale rispetto ai conflitti in corso in Medio Oriente tra il blocco sunnita guidato da Riad e gli sciiti vicini all'Iran, che in Libano è legato alle milizie di Hezbollah.
Proprio oggi Hariri è volato insieme alla sua famiglia a Parigi su invito di Emmanuel Macron, che, prima che la tensione degenerasse, si era recato a Riad in una visita a sorpresa, proponendosi come intermediario. “Speriamo che la crisi sia finita e che la porta alla soluzione sia aperta dall’accettazione dell’invito del primo ministro Hariri in Francia” ha dichiarato via Twitter il presidente Aoun. Hariri si era già spostato da Riad nei giorni scorsi per una breve visita negli Emirati Arabi Uniti, dove aveva incontrato il principe della Corona Mohammed bin Zayed al-Nahyan, per poi rientrare in Arabia Saudita.
L'attention que nous portons à la stabilité et à la sécurité du Liban est le fruit de l’histoire et des relations personnelles innombrables entre nos deux pays.À l’image de ce moment partagé : pic.twitter.com/9YvJ2EG4Nm— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) 18 novembre 2017
Hariri aveva motivato le sue dimissioni con la presenza di un piano per ucciderlo e aveva accusato l’Iran e Hezbollah di seminare discordia nel mondo arabo e, in particolare, di “puntare le armi” sugli abitanti di Yemen, Siria e Libano.Le dimissioni avevano generato un terremoto a livello sia interno che diplomatico, provocando reazioni in tutta la regione e aprendo un nuovo capitolo nella contesa tra Arabia Saudita e Iran. Dopo le dimissioni di Hariri, l’Arabia Saudita aveva accusato Beirut di averle dichiarato guerra, per mezzo del ministro per gli Affari del Golfo Thamer al-Sabhan. Accusa che aveva spinto Macron a intervenire per disinnescare la possibilità di un nuovo conflitto regionale.
Il Libano teme un embargo come quello che ha colpito il Qatar
Secondo l'agenzia Reuters, numerosi politici e banchieri libanesi temono che l'Arabia Saudita potrebbe reagire alle dimissioni di Hariri, che rappresenta i sunniti nel governo di coalizione in carica a Beirut, con un embargo come quello imposto al Qatar, allo scopo di contrastare Hezbollah. Lo stesso Hariri, in un’intervista rilasciata domenica scorsa, aveva dichiarato che il suo Paese rischiava "sanzioni e di pericoli imminenti per centinaia di migliaia di persone" se Hezbollah non avesse smesso di intromettersi nei conflitti regionali, in particolare quello in Yemen, che vede una coalizione a guida saudita combattere contro i ribelli sciiti houthi. Secondo una fonte vicina a Hezbollah, citata sempre da Reuters, il gruppo sciita “non si piegheranno alle richieste saudite”.
Circa 400.000 libanesi risiedono in Arabia Saudita e Beirut incontrerebbe forti difficoltà se i pagamenti delle rimesse verso il Libano dovessero essere bloccati. E, a differenza del Qatar, il Libano non avrebbe risorse sufficienti per sopravvivere alle restrizioni.