La battaglia di El Alamein, uno degli scontri più epici e cruenti della Seconda Guerra Mondiale, continua a fare vittime settantacinque anni dopo. La causa? Le mine ancora sepolte nella sabbia del deserto e che non sono state individuate e disattivate, su cui incappano di tanto in tanto inconsapevoli bambini e pastori beduini.
Soltanto meno di un anno fa, a novembre 2016, il governo egiziano con il sostegno dell’Onu e della Ue ha istituito un Centro per le protesi nella città di Marsa Matruh, nel nord-est del Paese, maggiore nucleo urbano dell’area contaminata dalle mine e capoluogo del governatorato. Il Centro conta 12 tecnici, di cui la metà donne, che modellano le protesi a misura di ciascun paziente e ne curano la manutenzione, coadiuvati ogni quindici giorni da un medico dell’esercito egiziano specializzato nel trattamento delle amputazioni.
Migliaia di chilometri "contaminati"
Fino a novembre scorso, i mutilati erano costretti ad arrivare al Cairo per ricevere le cure, con un viaggio di sei o sette ore in condizioni difficili. Mina Gamal, un giovane di Marsa Matruh che presta servizio al Centro, ex elettricista poi formato nella modellazione delle protesi, ha raccontato all'agenzia Efe la sua esperienza: “Questo lavoro mi piace perché aiuto gli altri: quando arriva un ferito con un’amputazione gli preparo una protesi, e quando lo vedo camminare sulle sue gambe mi sento felice come lui”.
Il Centro è stato creato grazie a un finanziamento di 4,7 milioni dell’Unione europea e ha originato opportunità di lavoro soprattutto per i feriti dalle mine, i quali possono recuperare le loro attività, sostenendo lo sviluppo economico delle comunità locali che è stato limitato dalla presenza degli ordigni inesplosi. Alle attività di cura si affiancano iniziative per la prevenzione degli incidenti, particolarmente nelle scuole, mentre non sono cessate le complesse operazioni di sminamento condotte dalle forze armate egiziane. Racconta Sherin, insegnante in una scuola media di El Alamein, che le sue lezioni sono interattive e non si limitano alle raccomandazioni nel caso gli studenti si imbattano in oggetti sospetti quando giocano o camminano all’aperto. Eppure, malgrado le fotografie delle mine e l’accresciuta consapevolezza, un bambino di Marsa Matruh è morto meno di un anno fa a causa di un ordigno della Seconda Guerra Mondiale.
Sono più di ottomila i morti e feriti a causa delle mine di El Alamein rimaste sul terreno, dove le forze dell’Asse si scontrarono con quelle dell’Impero britannico dall’estate all’autunno del 1942 in tre fasi successive. Restano tuttora "contaminati" dagli ordigni 3.500 chilometri quadrati.