Torna ad infittirsi il giallo sulla morte del poeta cileno Pablo Neruda, morto il 23 settembre 1973, 12 giorni dopo il golpe di Augusto Pinochet cui era ostile.
Riconosciute le ragioni della famiglia, 44 anni dopo
Neruda non è morto di cancro alla prostata come recita il certificato di morte ufficiale, cui la famiglia non ha mai creduto. Questa la conclusione cui è giunta una commissione di esperti internazionali riuniti a Santiago del Cile che sostiene di aver trovato "una tossina mai scoperta prima nelle analisi dei resti, per cui ha bisogno di ulteriori verifiche per giungere ad una conclusione definitiva che ad oggi non abbiamo. Ma il cancro è da escludersi. Questo è chiaro" ha sostenuto il giudice Mario Carroza, che indaga sulle cause della morte del Nobel per la Letteratura del 1971.
Ancora un anno per la verità
Neruda, membro del Partito comunista e amico del deposto presidente cileno Salvador Allende, secondo i familiari sarebbe stato avvelenato dalla polizia segreta di Pinochet, la Dina. Carrozza ha aggiunto che "non siamo (ancora, ndr) giunti alla conclusione che ci possa essere stato un intervento di una terza parte (gli agenti di Pinochet, ndr) ma c'è la possibilità che questa azione ci sia stata. Potremmo anche accertare alla fine che sia stata una morte naturale se la (natura e l'orgine della) tossina non sarà confermata" dalle nuove analisi, ha precisato.
Il giudice Carrozza ha spiegato che "batteri trovati in un molare" sono collegati a una tossina "che ha una sua storia di ceppo" virale. Il patologo Aurelio Luna ritiene che "se tutto procederà come previsto entro un anno avremo una risposta certa sullo studio genomico del batterio. Se si accerterà che non è naturale ed è stato coltivato in laboratorio, allora saremo di fronte alla prova che c'è stato un 'intervento esterno', ossia che qualcuno abbia inoculato il batterio per uccidere" Neruda.