È iniziato oggi il Grande Diciannovesimo (Shijiuda, in cinese). Si concluderà il 24 ottobre, ma solo il 25 verranno svelati i nomi dei futuri leader che guideranno la Cina nei prossimi cinque anni. Molti i nodi da sciogliere al Congresso di consolidamento (non di transizione), che qualcuno ha definito un “mid-term”: non dovrebbe cambiare in maniera sostanziale l’assetto del potere, ma consolidare il potere di Xi, in un Paese dove stato e partito sono strutture sovrapposte. Al vertice è destinato a rimanere Xi Jinping (che è anche presidente della Repubblica Popolare cinese e della Commissione Militare Centrale), la cui rielezione per un secondo mandato è data per scontata. L’ambizione di Xi è di assegnare le poltrone ai suoi fedelissimi, allontanando i nomi legati alla cricca dei predecessori: Jiang Zemin e Hu Jintao (l’attuale composizione della classe dirigente vede ancora molti esponenti scelti dai leader del passato). A cambiare saranno:
- Cinque su sette membri dell'attuale Comitato Permanente del Politburo, la cerchia ristretta del potere, dovranno lasciare il posto per raggiunti limiti d'età (la consuetudine vuole che non si debbano superare i sessantotto anni);
- Tra i venticinque membri dell'attuale Politburo, saranno undici quelli che dovranno ritirarsi.
- Complessivamente, dei circa 370 membri del Comitato Centrale, il vertice a base più larga del partito, circa duecento verranno sostituiti da altri membri più giovani.
Chi resta (a meno di colpi di scena)
Xi Jinping, presidente, segretario generale del Partito Comunista Cinese e capo della Commissione Militare Centrale, viene generalmente dato come riconfermato per un secondo mandato, in linea con i suoi predecessori diretti (Hu Jintao, prima di lui, e Jiang Zemin, prima di questi). In totale, Xi detiene oggi dodici cariche, l'ultima delle quali assunta a gennaio scorso, che lo vede a capo della Commissione centrale per lo sviluppo militare e civile. Nominato al sesto plenum del Comitato Centrale nel 2016 “core leader” (nucleo della leadership: una carica che lo eleva, all’interno del Comitato Permanente del Politburo, al di sopra degli altri membri), si mormora che punti a farsi nominare chairman (Presidente del PCC), carica appartenuta a Mao e abolita nel 1982 per favorire il rafforzamento della leadership collettiva.
La ferocissima campagna anti-corruzione ha indebolito le fazione a lui avverse. Le altre due domande aperte riguardano la possibilità che designi un erede per succedergli nel 2022 (in caso contrario romperebbe con la tradizione restando al potere oltre il secondo mandato) e che inserisca il suo pensiero nello statuto del PCC, con il suo nome, come accaduto solo per Mao e Deng. Il contributo ideologico di Xi è identificato con la formula dei “quattro onnicomprensivi” (sige quanmian), ovvero la necessità di lavorare complessivamente per costruire una società moderatamente prospera (entro il 2021, centenario della fondazione del PCC), approfondire le riforme, rafforzare lo stato di diritto socialista con caratteristiche cinesi e la disciplina interna al partito.
Li Keqiang, primo ministro cinese dal novembre 2012, è l'altro nome dato come generalmente sicuro per un nuovo mandato all'interno dell'organo di guida del Pcc. La sua poltrona è stata, però, in forse per diverso tempo. Visto inizialmente come affiliato alla classe dirigente che ha preceduto l'arrivo di Xi (quella targata Hu Jintao-Wen Jiabao) il suo ruolo è apparso risentire della forte leadership di Xi. Nei mesi scorsi si sono rincorse addirittura voci circa una retrocessione dalla carica di primo ministro a quella di presidente dell'Assemblea Nazionale del Popolo.
Chi sono i cinque papabili che potrebbero entrare nel potentissimo comitato permanente del Politburo?
Chen Min’er
In prima fila c’è Chen Min’er, 57 anni, alleato di ferro di Xi: era stato capo della propaganda dello Zhejiang quando Xi era capo del partito della stessa provincia. E’ proprio Chen l’uomo che ha sostituito al vertice della città-provincia di Chongqing, nel sud-est della Cina, Sun Zhengcai, fino a qualche mese fa dato come papabile per un posto alle alte sfere, ed espulso dal Partito per corruzione. Per Chen, alcuni prevedono un doppio salto in avanti: la nomina a capo di Chongqing è di solito associata a un posto nel Politburo, ma nel suo caso potrebbe esserci in gioco addirittura un seggio al Comitato Permanente: una promozione che lo renderebbe il leader più in vista della sesta generazione di politici, cioè colore che guideranno il partito a partire dal 2022.
Hu Chunhua
Un destino analogo potrebbe essere quello di Hu Chunhua, 54 anni, segretario del partito del Guangdong, una delle province più importanti per l’economia cinese. Anch’egli possibile membro della cerchia ristretta del potere. Forse meno vicino a Xi rispetto a Chen (considerato un protetto di Hu Jintao), Hu ha mostrato tutta la sua fedeltà al presidente a maggio scorso, quando in un discorso ai delegati al Congresso della sua provincia, ha citato il nome di Xi per ben 26 volte, la parola “riforme” in 54 occasioni e il termine “innovazione” per 81 volte. Hu è uno dei più giovani capi provinciali e già oggi membro del Politburo. La sua relativamente giovane età per un dirigente politico di alto livello lo pone in corsa come uno dei leader della sesta generazione del Pcc. Il suo più importante sponsor politico, l'ex presidente Hu Jintao, aveva tentato di lanciarlo già nel 2012.
Li Zhanshu
Li Zhanshu 67 anni, è uno dei più fidi consiglieri del presidente. Secondo quanto scriveva nel 2015 il Wall Street Journal, ricoprirebbe una carica paragonabile a quella di capo dello staff della Casa Bianca, in Cina. Li è direttore dell’Ufficio Generale del PCC e ha accompagnato il presidente nei suoi viaggi negli Stati Uniti: sia a settembre 2015, quando Xi incontrò l’allora presidente Barack Obama, sia quest’anno, quando venne ricevuto a Mar-a-Lago, in Florida, da Donald Trump.
Wang Huning
Un altro consigliere, Wang, 62 anni, compare in molte foto vicino al presidente cinese, ed è direttore del Policy Research Office del Comitato Centrale.
Wang Yang
Un altro nome in ascesa è quello di Wang Yang, 52 anni, vice primo ministro e membro del Politburo. Secondo quanto scrive il Nikkei Asia Review, ha dimostrato negli ultimi cinque anni di essere un amministratore capace agli occhi del presidente. Il suo nome era dato come certo per una promozione al vertice della gerarchia politica anche cinque anni fa, al Diciottesimo Congresso del Pcc che segnò l’ascesa al potere della quinta generazione dei leader guidata da Xi. Ma all’ultimo momento sarebbe stato scartato, secondo indiscrezioni, per l’opposizione interna al partito degli uomini vicini all’ex presidente, Jiang Zemin. Episodi simili non dovrebbero più accadere: l’ultimo vertice informale di Beidaihe sarebbe stato contraddistinto dall’assenza di colloqui con i leader in pensione, che non eserciterebbero più - come avveniva in passato - una grossa influenza all’interno del partito, soprattutto per piazzare i loro uomini nei posti chiave. E questo lascerebbe campo libero agli uomini fedeli al presidente, tra cui si può annoverare anche il nuovo capo del partito di Pechino: Cai Qi, per il quale viene dato quasi per certo un posto al Politburo.
Cai Qi
A farsi strada nei ranghi del Pcc (e a grandi falcate) è l'ex sindaco di Pechino, Cai Qi, 52 anni, fedelissimo di Xi. Cai ha ricoperto la carica per pochi mesi, prima di essere promosso a capo del partito di Pechino, la più alta carica politica della capitale cinese - promozione che rappresenta un grosso passo avanti per garantirgli un posto nella composizione del prossimo Politburo. La carriera dell'attuale capo politico di Pechino ha segnato un importante avanzamento già nel 2014, quando venne promosso alla carica di vice direttore della Commissione sulla Sicurezza Nazionale, una delle commissioni lanciate da Xi dopo la nomina a segretario generale del Partito Comunista Cinese. Le promozioni dell'ultimo anno, prima a sindaco e successivamente a capo del partito di Pechino, ne fanno uno dei funzionari dalla carriera più rapida: Cai non ha dovuto aspettare un quinquennio, come i suoi predecessori, dopo la nomina a una carica di livello ministeriale, prima di accedere a un'altra carica, quella attuale, che gli garantirebbe un posto nel Politburo.
Chi lascia (a meno di colpi di scena)
Zhang Dejiang (fazione di Jiang Zemin), presidente dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, è la terza carica dello Stato, e arriverà al Congresso a 71 anni di età, ben oltre il limite consuetudinario dei 68 anni.
Yu Zhengsheng (neutrale), presidente della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, l'organo consultivo dell'Assemblea Nazionale del Popolo, è destinato a lasciare il posto. Al Congresso di ottobre sarà il più anziano dei leader uscenti, con i suoi 72 anni compiuti.
Liu Yunshan (fazione di Jiang Zemin) è il funzionario più alto in grado nella leadership cinese sul terreno della propaganda e dell'ideologia, e numero cinque nella gerarchia di Pechino. Liu è presidente della Scuola del Partito, dove vengono formati i funzionari del Partito Comunista Cinese, e segretario della segreteria del Comitato Centrale del Pcc.
Zhang Gaoli (fazione di Jiang Zemin), vice primo ministro esecutivo, ed ex capo politico di Tianjin, la città a status provinciale che confina con la capitale, Pechino. All'appuntamento di ottobre prossimo, l'attuale numero sette della gerarchia politica di Pechino arriverà all'età di 71 anni.
Wang Qishan (fazione di Xi) è un capitolo a parte. Il potentissimo capo della Commissione Disciplinare, ha 69 anni, uno in più del limite per la permanenza a ricoprire cariche pubbliche. E’ generalmente considerato uno dei leader più potenti del Pcc, il vero numero due dopo Xi: l'organo da lui diretto non ha risparmiato colpi a tutti i livelli dell'amministrazione pubblica: alla fine del 2016, la Commissione Disciplinare ha sanzionato e punito, in totale, nei primi quattro anni di campagna, circa 1,2 milioni di membri sia al livello di dirigenti nazionali del Pcc che di grado inferiore. Per raggiunti limiti d’età, è destinato a lasciare il posto, in base alla consuetudine, ma molte voci si sono rincorse negli ultimi mesi, sulla possibilità che possa rimanere anche dopo il Congresso. Xi potrebbe invece avere in mente di affidargli un ruolo chiave per la gestione delle riforme economiche; forse, persino, al posto del premier Li Keqiang. Del resto Wang è il maggiore esperto del sistema finanziario all’interno della leadership e gode di ottimi rapporti con gli Stati Uniti. Si tratterebbe di una eccezione a conferma, secondo gli osservatori politici, del carattere assoluto che ha assunto il potere di Xi. E della volontà di procedere con le riforme strutturali (in primis quelle che riguardano le aziende statali)
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