L'appello di Donald Trump agli alleati perché si uniscano a lui per "rottamare" l'accordo sul programma nucleare iraniano, faticosamente raggiunto dal suo predecessore Barack Obama, è caduto subito nel vuoto. Francia, Germania e Regno Unito hanno risposto picche con un comunicato congiunto diffuso talmente a stretto giro da dare l'idea di essere già pronto da giorni. Non era infatti un mistero che, dopo aver dato per due volte una riluttante luce verde, il presidente degli Stati Uniti questa volta non avrebbe certificato l'intesa, che ha consentito a Teheran di proseguire l'utilizzo dell'atomo a scopo civile purché elimini le scorte di uranio arricchito suscettibile di impieghi militari.
Ogni 90 giorni la Casa Bianca deve infatti notificare al Congresso l'adesione dell'Iran ai termini dell'accordo, che spetta all'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, stabilire. Secondo Trump, l'Iran non starebbe però rispettando "lo spirito" dell'intesa. Un proclama che ha una forte valenza politica ma, per ora, scarse conseguenze pratiche. La Russia e lo stesso Iran, insieme alla Cina gli altri Paesi firmatari, hanno già avvertito che, formalmente, la repubblica islamica non è venuta meno ai suoi obblighi. Il capo della diplomazia di Bruxelles, Federica Mogherini, ha ricordato che l'accordo è stato ratificato all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu e "nessun singolo paese ha il diritto di porvi termine". Cosa può fare in concreto Trump per farlo saltare?
La parola al Congresso
Rifiutatosi il presidente di certificare l'accordo, la palla passa al Congresso, che avrà 60 giorni di tempo per discuterne. Capitol Hill può decidere di non fare nulla, di chiedere dei correttivi (mutando il processo di certificazione o domandando una rinegoziazione dell'accordo) o di dare ragione a Trump e introdurre nuove sanzioni. In questo caso verrebbe violato l'accordo ma la responsabilità formale sarebbe del Congresso e non della Casa Bianca. Teheran ha minacciato più volte di fare marcia indietro, parziale o totale, dai suoi obblighi in caso di iniziative ostili di Washington. Tutti gli altri firmatari sono però in disaccordo con Washington e potrebbero riuscire a convincere Rohani a evitare rappresaglie. E contrari a nuove sanzioni non sono solo i Democratici ma anche alcuni Repubblicani, come la senatrice Lindsay Graham, che propone una semplice rinegoziazione. Una prospettiva, quest'ultima, già sufficiente a suscitare stizza tanto a Mosca quanto a Bruxelles. Se vorrà comunque mostrare i muscoli, Trump potrà accontentarsi di varare nuove sanzioni economiche relative al programma missilistico iraniano, che non ha nulla a che vedere con l'accordo firmato nell'ottobre 2015.
I tre scenari possibili
- Il Congresso non fa nulla
In questo caso Trump potrebbe dimostrare di fronte agli elettori (e all'area neo-con del Gop che non gli è sempre amica) di voler mantenere le promesse senza alcuna conseguenza concreta. Lo stesso segretario di Stato, Rex Tillerson, ha ammesso che a Capitol Hill i numeri per far saltare l'accordo potrebbero non esserci. Seppure confortevole sul fronte interno, una simile soluzione aprirebbe però una fase di forte incertezza dal punto di vista internazionale. Il danno di credibilità per gli Usa sarebbe doppio: non ci si può fidare degli Usa per un accordo di lungo termine e non ci si può attendere che una presa di posizione di Trump sia recepita dal suo partito.
- Il Congresso chiede di emendare l'accordo
Secondo Tillerson, Trump intende spingere il Congresso a emendare la legge con la quale gli Usa hanno recepito l'accordo, in maniera tale da stabilire delle violazioni automatiche - non necessariamente relative al nucleare ma al programma missilistico - che facciano scattare nuove sanzioni in maniera automatica. In questo modo Washington sarebbe in grado di ritirarsi dall'accordo senza nessun atto del Congresso. Questi automatismi consentirebbero poi di introdurre un secondo emendamento che solleverebbe Trump dall'incombenza di dover certificare ogni 90 giorni un'intesa che ha definito "la peggiore di sempre". Ciò darebbe al presidente l'atout per chiedere una rinegoziazione generale dell'accordo. Ma, come abbiamo visto, gli altri firmatari difficilmente la concederebbero. Per poter proseguire sulla propria strada, la Casa Bianca dovrebbe comunque far saltare il banco.
- Il Congresso boccia l'accordo
In questa maniera gli Usa violerebbero i termini dell'intesa. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha però già fatto sapere che l'Iran potrebbe non sfilarsi qualora Cina, Russia, Francia, Regno Unito e Germania si mantengano fedeli all'accordo nonostante gli Usa. Il problema, in questo caso, diventerebbe come aggirare le nuove sanzioni statunitensi. Se Europa, Russia e Cina troveranno un modo per continuare a fare affari con l'Iran indisturbate, Teheran avrà gli incentivi economici per astenersi da provocazioni. Ma c'è un altro grande punto interrogativo: l'imprevedibile effetto di una rottura dell'accordo con l'Iran sulla partita con la Corea del Nord.