Patriottismo e innovazione, in linea con le esigenze del mercato. Su questi binari, la Cina intende condurre la riforma delle imprese di Stato e, contemporaneamente, rafforzare la presa sulle imprese private, per creare campioni nazionali dell’industria. Per riuscirci, il governo sta pensando a una formula che, da un lato favorisca i processi di fusioni e acquisizioni, soprattutto nel caso delle imprese di Stato, e dall’altro permetta di avere maggiore potere decisionale tra i grandi gruppi privati di interesse strategico per Pechino. Le linee guida delle politica industriale saranno tra gli argomenti che verranno dibattuti nel corso del diciannovesimo Congresso del Partito Comunista Cinese, che si aprirà il 18 ottobre prossimo, ma alcuni segnali di come il governo intenda agire sono già emersi nelle scorse settimane.
Spazio ai privati, ma con dei limiti
Nel disegno esposto il mese scorso dalla Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, prosegue il progetto di andare verso una proprietà mista, con l’ingresso dei privati, per le imprese di Stato, ma non in maniera indiscriminata. La riforma, ha spiegato il presidente della Sasac, la Commissione di Viglianza sugli Asset delle Imprese di Stato Cinese, Xiao Yaqing, “deve essere portata avanti in base alle condizione delle aziende e all’interesse degli investitori a partecipare alla riforma” che, dal 2013 a oggi, ha già dato alcuni frutti: negli ultimi quattro anni le aziende statali sono scese da 117 a 98, ma molto ancora deve essere fatto. Tra gli esiti più noti in questo senso ci sono le fusioni di due tra i più grandi gruppi dell'acciaio, Wuhan Steel e Baosteel, e tra i due maggiori costruttori di treni ad alta velocità: Csr e Cnr. L’obiettivo finale, ha spiegato Xiao, non deve essere solo quello di creare giganti industriali, ma veri e propri leader sul mercato.
Le mani del governo sui colossi di internet
Un discorso diverso riguarda, invece, le imprese private. Secondo un documento emesso il mese scorso dal Consiglio di Stato, il governo cinese, il patriottismo deve essere un elemento chiave dell’azione delle imprese, al pari dell’innovazione tecnologica e della responsabilità sociale. Il documento emesso dal governo ha contribuito a “definire il significato chiave dell’imprenditorialità cinese sotto la nuova era”, secondo quanto scriveva l’agenzia Xinhua, con l’obiettivo di “spronare vitalità nel mercato”. Nel ritratto che prende corpo del capitalismo cinese a pochi giorni dall’inizio del Congresso, il governo mira a un ruolo sempre più ampio nelle imprese private, a cominciare dai giganti di internet e della tecnologia. I grandi gruppi di Internet della Cina, che si sono espansi anche in altri settori, come i servizi e la finanza, avrebbero ricevuto attenzioni da parte del governo per una quota più ampia di partecipazione e per un ruolo diretto nel processo decisionale. Tra i nomi citati dal Wall Streeet Journal, ci sono Weibo, il Twitter cinese, il gigante dell’e-commerce Alibaba, e TenCent, il gruppo che gestisce la piattaforma WeChat di messaggistica istantanea, popolarissima in Cina.
I settori soggetti a restrizione
I gruppi privati, e soprattutto alcune grandi conglomerate, sono state al centro delle attenzione del governo, la scorsa estate. Grandi nomi dell’industria cinese, come Fosun, Wanda, Hna e Anbang hanno attratto l’attenzione degli organi di vigilanza del settore finanziario, a cominciare dalla China Banking Regulatory Commission, la Cbrc, che a giugno scorso ha chiesto alle banche di verificare la possibilità di eventuali rischi di sistema connessi alle operazioni di acquisizioni all’estero di questi gruppi. Il contenimento di rischi legati alle tante acquisizioni all’estero compiute dai gruppi di Pechino sembra, però, al momento, arginato dall’ultima direttiva del governo di agosto scorso, che ha diviso in tre categorie gli investimenti all’estero dei giganti cinesi: vietati, soggetti a restrizioni o incoraggiati.
Tra questi ultimi ci sono quelli in linea con l’iniziativa di sviluppo infrastrutturale “Belt and Road” lanciata nel 2013 dal presidente cinese, Xi Jinping, per la connessione di Asia ed Europa, quelli che aumentano gli standard tecnologici di un'azienda, quelli in ricerca e sviluppo, e gli investimenti nei settori delle estrazioni di greggio, dell’agricoltura e della pesca. Tra quelli soggetti a restrizioni ci sono gli investimenti nell’immobiliare, negli hotel, nell’intrattenimento, nello sport, in tecnologie obsolete e che non rispettano gli standard ambientali. Vietati, infine, gli investimenti nelle tecnologie militari chiave, nel gioco d’azzardo, nell’industria pornografica e, più in generale, quelli che vanno contro la sicurezza nazionale.
I finanziamenti ai grandi progetti
Tra le linee che non sembrano destinate a cambiare con il prossimo Congresso ci sono quelle legate ai grandi progetti avviati dal governo nei primi cinque del mandato di Xi. Proprio ieri, il Ministero per l’Industria e l’Information Technology ha comunicato che stanzierà 1,5 miliardi di dollari (10 miliardi di yuan) nei prossimi tre anni a sostegno dello sviluppo di progetti che rientrano negli obiettivi del piano “made in China 2025”, per lo sviluppo del settore manifatturiero. Ogni progetto selezionato riceverà un finanziamento compreso tra i trenta e i cinquanta milioni di yuan (tra i 4,5 e i 7,5 milioni di dollari), mentre per i più meritevoli la cifra salirà a cento milioni (15,1 milioni di dollari).
Il governo, secondo quanto scrive l’Economic Information Daily, una pubblicazione dell’agenzia Xinhua, coopererà anche con la China Development Bank per fornire servizi finanziari a sostegno dei progetti che riscontreranno più successo sul mercato, per un totale di 300 miliardi di yuan (45,5 miliardi di dollari) di finanziamenti fino al 2020. “Il sostegno finanziario dà una direzione chiara sullo sviluppo dell’innovazione nel manifatturiero in Cina”, è stato il commento di un accademico di Pechino al periodico economico-finanziario dell’agenzia di stampa cinese, “e spinge per la fiducia nella ristrutturazione e nell’ammodernamento dell’economia”.
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