Oggi sono 50 anni. Mezzo secolo dalla morte di Ernesto 'Che' Guevara, da quella esecuzione in un lunedì mattina a La Higuera da parte di Mario Teran, un sergente dell'esercito che combatteva il tentativo di rivoluzione socialista in Bolivia. Cinquant'anni più tardi il Paese sudamericano celebra il ricordo del Che con una serie di eventi a Vallegrande, la località dove il comandante argentino venne sepolto in una fossa comune poche ore dopo aver trovato la morte una sessantina di chilometri più a sud. Cinque giorni di eventi organizzati dal Comitato '50 anni del Che in Bolivia', con mostre fotografiche, presentazioni di libri, visite guidate al mausoleo del medico argentino, nove tavoli di discussione che già nei nei giorni scorsi hanno ripercorso l'ideale del Che, dalla sognata transizione al socialismo al pensiero economico, dalla lotta al capitalismo fino all'anti imperialismo.
Tra gli oratori anche il fratello Juan
Dibattiti a cui ha preso parte anche il più giovane dei fratelli di Ernesto, Juan Martin, lo stesso che in primavera ha pubblicato il libro sul Che in cui allontana l'immagine più comune, quella eroica, per svelare quella più intima e umana del guerrigliero sudamericano: "Era uno qualunque. Un tipo fuori dal comune ma non perché fosse eccellente". Uno che però fu capace di eliminare il regime dittatoriale di Fulgencio Batista e di installare la rivoluzione a Cuba, l'isola che da sempre rappresenta la spina nel fianco degli Stati Uniti, dai quali dista 200 chilometri.
Un uomo contraddittorio, divenuto idolo per alcuni, icona dei movimenti di rivoluzione di sinistra, e criminale per altri. Di certa c'è la sua storia: la sua cultura alimentata fin da ragazzo attraverso le letture di poeti, filosofi e romanzieri, la tempra che gli permise di mettere a tacere l'asma sui campi di rugby, la sua vocazione al viaggio e all'avventura, fin da quando, a metà dei corsi di medicina che stava frequentando all'università di Buenos Aires, decise che era giunto il momento di partire.
Quel viaggio a bordo della 'Poderosa'
Un viaggio solitario nel nord dell'Argentina a bordo di una bicicletta a cui aveva aggiunto un motore, e poi quella spedizione in giro per il Sudamerica a bordo della Poderosa II, la motocicletta con cui attraversò il continente in compagnia dell'amico Alberto Granado: la tappa nel lebbrosario di Huambo, in Perù, dove i due si fermarono e prestarono servizio come medici, e poi Colombia e Venezuela, dove Ernesto vide in prima persona lo stridio tra ricchezza e povertà. Era il 1952. Il viaggio, raccontato nel film 'I diari della motocicletta', lasciò in Guevara la consapevolezza delle profonde disuguaglianze sociali che animavano il continente.
Fu probabilmente quell'esperienza a far fiorire in lui la curiosità, il desiderio di invertire lo status quo, un bagaglio che lo portò dopo la laurea a continuare a viaggiare, fino a conoscere in Messico Fidel Castro. Era il 1955: Ernesto avrebbe così preso parte al Movimento 26 luglio, così chiamato in ricordo del giorno del 1953 in cui Castro aveva assaltato con alcuni ribelli la caserma Moncada di Santiago de Cuba nel tentativo di rovesciare il regime di Batista. Il progetto, allora fallito, si sarebbe concretizzato il 1 gennaio del 1959, al termine della battaglia di Santa Clara: Fidel Castro, il lider maximo, sarebbe rimasto sull'isola fino allo scorso 25 novembre, quando morì novantenne.
Verso l'ultima battaglia
Il Che, chiamato così per l'abituale intercalare, diventò ministro dell'Industria e dell'Economia, ma non si sarebbe fermato a lungo a Cuba: anche a causa di differenti vedute e di un orientamento filocinese poco allineato con Mosca, il principale partner di Cuba, Ernesto si congedò da Castro con una lettera resa nota il 3 ottobre del '65: "Altri paesi nel mondo hanno bisogno dei miei modesti sforzi", aveva scritto l'argentino. Andò allora in Congo, dove la rivoluzione fallì, e quindi in Bolivia. Braccato dalla Cia e attaccato dalle forze militari che il suo gruppo di guerriglieri stava combattendo, Guevara finì la sua avventura lì. Moriva l'uomo, nasceva il mito.