Il via libera per guidare finalmente lo hanno avuto. Ci sono voluti quasi trent’anni ma le donne saudite dall’anno prossimo potranno mettersi al volante. E poi? Cosa altro cambierà? Le speranze sono tante, alimentate anche dalla considerazione di un ministro saudita che ha parlato di un Paese che si sta imbarcando in una “rivoluzione culturale travestita da riforma economica”.
Se il divieto di guidare era un limite - fisico e mentale - fortemente sentito, ne restano diversi altri che le ‘ingabbiano’. A cominciare dal sistema tutorale maschile: ci sono infatti tutta una serie di attività che richiedono l'autorizzazione scritta del tutore maschio, una condizione che resta in vigore dalla nascita alla morte. Le donne passano dal controllo del padre a quello del marito, a volte del fratello o anche del figlio, senza soluzione di continuità. Serve il permesso del tutore per richiedere il passaporto e viaggiare all'estero, sposarsi, ma anche uscire di prigione, lavorare, accedere ai servizi sanitari o studiare all'estero.
Il nodo dei religiosi islamici wahabiti
E questo aspetto ha il suo peso anche sulla novità annunciata dal re Salman. Come ricorda il New Yorker, la normativa non entrerà in vigore prima di giugno 2018, e le donne potrebbero aver bisogno dell’autorizzazione maschile per guidare. La grande sfida sarà quella di ottenere l’approvazione dei religiosi islamici wahabiti, fortemente conservatori: il decreto infatti prevede che la nuova regolamentazione debba essere “applicata e aderire ai necessari standard della sharia”, senza però specificare cosa significhi in pratica. La scorsa settimana, lo Sheikh Saad al-Hijri, potente leader religioso nel governatorato di Asir, aveva sostenuto che le donne “non meritano di guidare perché hanno solo un quarto del cervello”.
Il decreto reale ha anche stabilito la creazione di una commissione governativa per indicare le linee guida di attuazione della norma. “Quello che abbiamo visto in passato sono proposte limitanti: che le donne possano guidare solo per andare al lavoro o al supermercato ma non per farsi un giro”, o si proponeva “un coprifuoco per le donne al volante”, ha ricordato Adam Coogle, specialista sul Medio Oriente per Human Rights Watch, esprimendo la speranza che “questo non sarà un sistema discriminatorio con regole diverse per le donne”.
Poter guidare non significa poter comprare un'auto
Senza contare che serve il permesso di un uomo di famiglia anche per comprare una macchina, sottolinea CbsNews, ricordando che l’autorizzazione a guidare le macchine non si traduce automaticamente in donne che acquistano un auto. La novità è stata colta al balzo dalle grandi case produttrici come Volkswagen e Ford: entrambe hanno postato tweet in cui si congratulavano per il traguardo raggiunto dalle donne, che apre nuove opportunità (anche per le stesse aziende, di vendita).
“La famiglia ha sempre operato sulle basi della dipendenza quindi questo è il grande nucleo della ristrutturazione dell’unità familiare”, ha sottolineato Madeha Alajroush, una delle attiviste che negli anni si sono battute per il diritto a guidare.
Per Rebecca Lindland, analista per la statunitense Cox Automotive che ha studiato il mercato saudita, “l’idea che 15 milioni di donne usciranno e compreranno un auto non è realistica”. “Non possiamo avere un incremento delle vendite perché quelli che già hanno più libertà”, e cioè le risorse per avere veicoli con autisti a disposizione, “probabilmente hanno accesso a una macchina”.
Il mercato saudita ha avuto un picco nel 2015 con 685mila veicoli, sceso a 600mila nel 2016, e le previsioni sono di finire l’anno a 530mila. La società di consulenza LMC Automotive ha previsto una modesta ripresa l’anno prossimo basata su un miglioramento dell’economia e con un piccolo incremento proveniente dalle donne al volante.