Ci potrebbero voler mesi di trattative perché nasca il quarto governo Merkel. Sulla carta, dopo il risultato delle elezioni, l'unica maggioranza possibile è quella cosiddetta "Giamaica", ovvero composto dalla democristiana Cdu/Csu della cancelliera, dai liberali della Fdp e dai Verdi. Eppure 'Mutti' non intende rinunciare al tentativo di rimettere insieme la 'Grosse Koalition' con l'Spd di Martin Schulz. L'ex presidente del Parlamento Europeo, però, non ne vuole sapere, ritenendo l'alleanza di governo con i conservatori la causa principale del minimo storico incassato alle urne dai socialisti. Angela Merkel è persona tutt'altro che arrendevole ed è stata chiara: "I colloqui con Schulz devono continuare", ci volessero mesi. Da questo punto di vista, la cancelliera ha già messo le mani avanti; l'obiettivo ritenuto ragionevole è quello di "un governo entro Natale".
I mercati, per il momento, non fanno una piega. L'euro è in netto ribasso ma sulla scia di una tendenza ormai strutturale, e le borse procedono la seduta senza scossoni. Una delle regole base della finanza è che non c'è fattore di rischio che gli investitori temano quanto l'incertezza politica. La recente storia europea sembra, però, voler dimostrare il contrario.
La corsa di Madrid, 10 mesi senza esecutivo
Il primo esempio che viene in mente è quello della Spagna. Il primo ministro conservatore, Mariano Rajoy, è stato confermato lo scorso ottobre dopo dieci mesi di trattative estenuanti e ben due inconcludenti tornate elettorali. Troppi per un'economia che aveva figurato tra gli anelli deboli della Ue? Nemmeno per idea. Nel terzo trimestre del 2016 la disoccupazione era scesa al 18,9%, minimo da sei anni. E alla fine dell'anno il Pil era cresciuto del 3,2%, una performance oltre le previsioni nonché tra le migliori del vecchio continente.
Il caso dell'Olanda e il record del Belgio
In Olanda, invece, il voto risale al 15 marzo e il primo ministro uscente, Mark Rutte, è ancora impegnato nei negoziati alla ricerca di una nuova maggioranza. Nel secondo trimestre del 2017, quello successivo alle elezioni, l'economia del Paese ha spiccato il volo, con un'impressionante crescita dell'1,5% rispetto al trimestre precedente e del 3,8% nel confronto con lo stesso periodo del 2016, grazie al boom delle esportazioni e dei consumi interni. Numeri meno impressionanti arrivarono dal Belgio quando restò senza governo per ben 541 giorni, fino al 6 dicembre 2011, strappando il record mondiale all'Iraq devastato dalla guerra. Nondimeno, l'economia non se la cavò affatto male: il 2010 si concluse con un Pil in crescita del 2,7% (il 2009 si era invece concluso con una contrazione del 2,3%), per poi frenare a un comunque robusto 1,8% a fine 2011.
Una spiegazione "liberale"
Casi che sembrano dare ragione ai teorici del liberalismo economico, secondo i quali la "mano invisibile" va lasciata agire dìil più possibile indisturbata. Questa era stata l'interpretazione proposta su Forbes, a proposito del caso spagnolo, da Tim Worstall dell'istituto Adam Smith di Londra. "L'assenza della necessaria maggioranza parlamentare aveva significato che nessuno era stato in grado di fare nulla", aveva scritto Worstall, "non c'erano stati piani luminosi per rendere le cose migliori, nessun intervento nell'economia. All'economia era stato consentito di procedere con il suo proprio motore e si era comportata piuttosto bene". "Abbiamo bisogno di un governo, ci sono davvero cose che devono essere fatte e decise a quel livello", è la riflessione di Worstall, "ma non è vero che la gestione diretta dell'economia sia una di queste cose. Come dimostrano questi esempi, non avere un governo potrebbe addirittura essere benefico, perché riduce il numero di atti che il governo compie per impedire all'economia di andare avanti per conto suo".