Per Kim è già "guerra". Quanto durerà la pazienza di Washington?
L'escalation, per ora, continua a essere solo verbale, o fatta di gesti dimostrativi, per quanto eclatanti. I toni, però, non sono mai stati così violenti. Pyongyang non ha gradito la risposta di Washington ai suoi testi missilistici, che si succedono a ritmi sempre più ravvicinati. Kim Jong-un non ha gradito vedere bombardieri strategici americani (i B-1B Lancers, in grado di sganciare ordigni nucleari) decollare dall'isola di Guam, minacciata più volte dal regime nordcoreano, e sorvolare le sue coste. Per il Pentagono una prova di forza tesa a mostrare che "il presidente ha molte opzioni militari per rispondere ad ogni minaccia". Per il regime di Kim una "dichiarazione di guerra" a tutti gli effetti.
"Abbiamo il diritto di abbattere gli aerei Usa"
Queste le testuali parole del ministro degli Esteri, nordcoreano, Ri Yong-ho, che, a New York per il vertice delle Nazioni Uniti, ha affermato che "tutto il mondo dovrebbe ricordare con chiarezza che sono stati gli Usa a dichiarare per primi guerra al nostro Paese". Il ministro ha fatto esplicito riferimento a un recente tweet di Trump, asserendo che "sarà la Corea del Nord a rispondere al quesito su chi non sarà in giro ancora a lungo".
"Dal momento che gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra al nostro Paese", ha proseguito Ri, "abbiamo ogni diritto di prendere contromisure, compreso il diritto di abbattere i cacciabombardieri strategici degli Usa, anche quando non sono nello spazio aereo del nostro Paese". Non sarebbe la prima volta. Nel 1969, con Nixon alla Casa Bianca, Pyongyang abbattè un aereo militare spia statunitense che volava presso le sue coste. Morirono tutti i 31 membri dell'equipaggio.
Il Pentagono: "Abbiamo un arsenale enorme"
Parole di fronte alle quali sembra quasi timida la replica della portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders: abbattere aerei "non è mai opportuno" e parlare di una dichiarazione di guerra è semplicemente "assurdo". Ben più risoluta la replica del portavoce del Pentagono, Robert Manning, il quale ha ricordato che il presidente Donald Trump ha a disposizione "un arsenale enorme". "Se la Corea del Nord non smette con le provocazioni, di certo forniremo le opzioni al Presidente per occuparsi della Corea", ha avvertito il colonnello Manning, ribadendo che per Washington tutte le opzioni sono sul tavolo. La domanda è quali siano i limiti della pazienza degli Usa.
E a Pechino sale l'allarme
Per quanto obsoleta possa essere l'aeronautica militare nordcoreana, la preoccupazione sta salendo anche tra gli analisti, che invitano Trump a non considerare le minacce di Ri come semplici schermaglie verbali. "Penso che siamo pericolosamente vicini a un qualche genere di conflitto con la Nord Corea", ha dichiarato al New York Times Jae H. Ku, direttore del Korea Institute della Johns Hopkins School of Advanced International Studies di Washington, "è uno sviluppo che temevo; se proseguiamo su questa strada, la nostra escalation potrebbe portare a conflitti a fuoci accidentali che potrebbero non essere troppo accidentali".
Pechino, nel frattempo, è sempre più allarmata dai toni ormai incandescenti. La Cina ha da una parte condannato i test missilistici e nucleari di Kim, dall'altra rimane, di fatto, la protettrice del Paese, del quale è principale partner commerciale. "Vogliamo che le acque si calmino", ha dichiarato l'ambasciatore cinese all'Onu, "Liu Jieyi, "sta diventando troppo pericoloso e non è nell'interesse di nessuno".
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