La Cina ha ancora bisogno di Karl Marx. “Malgrado non si possa definire un Paese esattamente comunista, l’influenza di Marx è ancora forte”. Lo ha detto in un’intervista all’AGI Ian Johnson, premio Pulitzer, giornalista, scrittore e sinologo.
Il Partito-Stato ha una visione antica del suo mandato
Dopo Mao, con le riforme di apertura promosse da Deng Xiaoping negli anni ottanta, il libero mercato si è sviluppato con l’appoggio di uno Stato autoritario, il quale ha promosso il capitalismo facendosi gestore di una certa forma di neoliberalismo. Tra i primi a teorizzare il ‘nuovo’ ordine cinese alla fine degli anni Novanta è stato Wang Hui, intellettuale tra i più anticonformisti, direttore della rivista "Dushu". Oggi la Cina, seconda economia mondiale, continua a farsi promotrice dell’idea che il capitalismo possa funzionare anche senza democrazia (in alcuni casi – dicono a Pechino - persino meglio). “Il governo cinese vede se stesso alla guida di un Paese ancora povero: nel trainare lo sviluppo, il Partito-Stato ha una visione antica del suo mandato”, dice Johnson.
Ma è proprio l’assenza di democrazia intesa in senso occidentale a far sì che centocinquanta anni dopo la pubblicazione del “Capitale”, l’influenza di Marx sia ancora viva: “Per giustificare il suo potere e consolidare il consenso - sottolinea Ian Jonhson – la leadership afferma l’idea che sia stata la Storia a mettere il Partito alla guida del Paese, un processo che rievoca il determinismo storico di Marx”. Lo ha chiarito il presidente cinese Xi Jinping: “Stiamo costruendo il socialismo con caratteristiche cinesi, non un qualsiasi altro ‘–ismo’”, ha detto l’anno scorso nel discorso per il novantacinquesimo avversario dalla fondazione del Partito Comunista Cinese (PCC). “Il Marxismo deve essere la base fondamentale, il principio guida, o il Partito perderà la sua anima e direzione”.
La politica di Xi sulle orme di Mao e Deng Xiaoping
Non solo: Xi ha riaffermato l’importanza dello studio del marxismo nelle Scuole di Partito. Al prossimo Congresso del PCC, in autunno, che segnerà il rinnovo della leadership e l'ingresso del presidente nel secondo mandato, Xi punta a introdurre la propria teoria politica nella costituzione del Partito, come fecero Mao e Deng.
Forse – addirittura – fornendo una sua interpretazione del marxismo-leninismo e del pensiero di Mao Zedong. Dunque, a cosa serve Marx? Nell’analisi di Johnson, "il Partito - alla costante ricerca di legittimità – trova nel filosofo tedesco il senso della necessità storica del suo ruolo, mescolando l’ideologia comunista ai valori tradizionali. Ponendosi alla guida di una rinascita di quel passato soppresso da Mao: dal confucianesimo alle religioni. E lo fa – spiega il sinologo – manipolando la storia".
Ian Johnson, premio Pulitzer, ha vissuto la prima volta in Cina come studente nel 1984. Dal 1994 al 2001 è stato corrispondente per grandi testate, tra cui il Wall Street Journal. Oggi insegna al Beijing Center for Chines Studies e vive tra la Cina e la Germania. Scrive per il New York Times e per The New York Review of Books. Autore di diversi libri, di cui l’ultimo "The Souls of China: The Return of Religion After Mao" è uscito in aprile (http://www.ian-johnson.com/bio)
Da quando è diventato presidente, Xi Jinping ha più volte ribadito quanto il marxismo sia di vitale importanza per il Partito. Perché Marx ancora conta in Cina?
Oggi la Cina è un sistema dominato da una forma di capitalismo autoritario. Malgrado non si possa definire un Paese esattamente comunista, l’influenza di Marx è ancora forte. Il PCC tiene il marxismo in grande considerazione, lo si vede nel modo in cui la leadership concepisce il potere e amministra il Paese. Il governo cinese vede se stesso alla guida di un Paese ancora povero: nel trainare lo sviluppo, il Partito-Stato ha una visione antica del suo mandato.
Il Partito recupera i valori antichi e guida la rinascita della spiritualità dopo Mao, come lei spiega nel suo libro "The Souls of China: The Return of Religion After Mao". Allora Marx a cosa serve?
Xi Jinping – in continuità con i predecessori - ha rimesso al centro le teorie di Marx, riconosciute come il principio guida dell’ideologia promossa dal Partito (socialismo con caratteristiche cinesi, ndr). Il punto è che il Partito non ha una legittimità democratica. Per giustificare il suo potere e consolidare il consenso, manipola la storia: la retorica ufficiale, in sostanza, afferma l’idea che sia stata la Storia a mettere il Partito alla guida del Paese. Perché il Partito ha vinto la guerra contro i giapponesi e i nazionalisti – anche se non è esattamente così. E’ un processo che ricorda chiaramente il determinismo storico di Marx.
Anche il sogno cinese di una società armoniosa ricorda l’utopia marxista…
Xi mescola i valori tradizionali – attraverso il recupero del confucianesimo – con il marxismo-leninismo. Il risultato è un fortissimo paternalismo. In sostanza la Cina guarda al suo passato, alla sua storia, e recupera quegli elementi che possano collocarsi nel sistema attuale e rafforzare il Partito.
Xi punta a inserire le sue teorie politiche nella Costituzione al prossimo Congresso, come hanno fatto Mao e Deng. Come cambia l’ideologia con Xi Jinping?
In Russia, Putin mescola il comunismo alla Chiesa ortodossa, ponendosi in difesa della tradizione. Xi sta facendo la stessa cosa in Cina: i poster di propaganda del Sogno Cinese uniscono retorica socialista a elementi di modernità. La Cina ha ancora bisogno di Marx.
Marx è vivo tra la gente?
La gente non è marxista, è confusa... Mao è ovunque, il suo ritratto domina piazza Tian’anmen, mentre la storia pone una seria minaccia alla legittimità del Partito. Lenin è morto pochi anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre, di cui è stato il padre. In Cina Mao ha costruito la sua ideologia unendo le sue teorie ai principi del marxismo-leninismo; la storiografia ufficiale ha riconosciuto alcuni suoi errori, ma nessuno parla delle decine di milioni di morti durante il Grande Balzo in Avanti e la Rivoluzione Culturale. La gente comune non sa. Il Partito manipola il passato, ma è sempre più difficile controllare l’informazione e mantenere la legittimità oscurando e riscrivendo la storia.