Riconvertire la disabitata e abbandonata zona del cratere di Chernobyl, simbolo del più grave disastro nucleare di sempre, in un immenso e costoso parco fotovoltaico: è questo l'ambizioso progetto del governo ucraino, già in trattativa con una società energetica francese, la Engie, per la realizzazione dell'impianto. Il progetto, che vale 1,10 miliardi di euro, sarebbe in parte finanziato dal governo francese. La società avvierà lo studio di fattibilità proprio questa settimana, ma la decisione arriverà entro la fine dell'anno. "Ci hanno contattato dopo essere venuti a conoscenza della nostra intenzione di trasformare l'area in un parco eolico. Abbiamo scelto loro (tra oltre 60 compagnie, ndr) per la storia nucleare della Francia", ha spiegato al Washington Post il ministro dell'Ambiente ucraino Ostap Semerak.
La riconversione
L'area interessata è quella intorno ai reattori che nel 1986 causarono il disastro di Chernobyl. Per oltre 30 anni i 2.500 chilometri quadrati di terreno che circondano l'impianto sono rimasti incolti a causa dell'elevata tossicità. E se l'agricoltura non è un'opzione praticabile, i pannelli solari rappresentano per il governo ucraino l'investimento ideale. “Il sito di Chernobyl ha davvero delle ottime potenzialità per le energie - ha spiegato Semerak a Bloomberg - Ci sono già le linee di trasmissione ad alto voltaggio utilizzate in precedenza per i reattori nucleari, il terreno costa pochissimo e abbiamo molte persone che hanno ricevuto la formazione necessaria per lavorare in una centrale elettrica".
Il disastro di Chernobyl
Sono passati 31 anni da quel 26 aprile 1986, quando il reattore numero 4 della centrale di Chernobyl esplose a causa di un errore umano - come si stabilì in seguito - provocando quello che viene tutt'oggi considerato il più grave disastro nucleare della storia. Di gran lunga peggiore di quello del 2011 di Fukushima, sebbene entrambi siano classificati di livello 7, il massimo della scala Ines dell'Iaea. Ancora imprecisato il numero delle vittime: un rapporto del Chernobyl Forum redatto da agenzie dell'Onu conta 65 morti accertati a ridosso della catastrofe e più di 4.000 casi di tumore della tiroide fra quelli che avevano fra 0 e 18 anni al tempo del disastro, larga parte dei quali probabilmente attribuibili alle radiazioni. La maggior parte di questi casi sono stati trattati con prognosi favorevoli. Questi dati però sono contestati dalle associazioni antinucleariste internazionali che contano migliaia di morti negli ultimi 30 anni riconducibili a patologie tumorali.
Il rischio radiazioni
Il progetto ha attirato le critiche e lo scetticismo di chi considera ancora molto pericoloso lavorare nella zona. Tuttavia, sostengono gli esperti, le radiazioni non hanno avuto alcun impatto sulla vegetazione dell'area. Nel 2006 il Comitato scientifico per gli effetti delle radiazioni delle Nazioni Unite stabilì che "sebbene coloro che lavorarono nella centrale all'indomani del disastro e i bambini hanno un più alto rischio di sviluppare tumori, la maggior parte della popolazione non ha motivo di temere di essere in pericolo".
Ma sul tema le opinioni sono molto discordi, anche in campo scientifico. E c'è chi come Valerio Rossi Albertini, fisico nucleare del Cnr, ritiene che le ricadute di Chernobyl continuano a rappresentare una minaccia per l'Europa e per l'Italia, soprattutto nelle zone poco abitate, perché alcune sostanze depositate dal pulviscolo radioattivo "possono ancora essere potenzialmente dannose". Quello di Chernobyl, ha spiegato all'Agi in occasione del trentesimo anniversario del disastro, è "un incidente che si esaurisce nel tempo, ma persiste ed è subdolo perché non è semplice andare a capire dove gli effetti andranno a colpire a distanza di anni". "Non ci si può ancora ritenere salvi".