E' una paura quasi ancestrale, solo che è nata un secolo fa e da allora non ci ha più abbandonato. Lo spettro di una organizzazione del lavoro avveniristica basata sull'utilizzo di computer e robot torna ciclicamente. Le profezie degli esperti tendono a dipingere un futuro, non più così remoto, in cui gradualmente la mano dell'uomo verrà sostituita dal braccio meccanico di una macchina intelligente. Quali saranno i lavori in grado di reggere alla sfida dei prossimi vent'anni? Se lo chiede il Guardian, che mette insieme numeri e analisi recenti, partendo da una ricerca pubblicata a gennaio da McKinsey & Company.
Un americano su due fa un lavoro 'robottizzabile'
Secondo questo istituto, oltre metà dei lavori ha il 30% delle funzioni che potrebbe teoricamente essere computerizzata. Andy Haldane, esperto della Bank of England, ritiene che sarebbe possibile affidare a una macchina 80 milioni di posti di lavoro in Usa e 15 milioni in Inghilterra. Uno degli studi più completi a riguardo, pubblicato nel 2013 a cura della Oxford University, prende in esame l'impatto della computerizzazione su 702 professioni. Il dato più interessante, e preoccupante, è che il 47% dei lavoratori americani è impiegato in un settore ad alto rischio di automatizzazione. Tra essi, gli operatori di telemarketing, con una probabilità del 99%. Fenomeno in parte già avviato, basti pensare alle telefonate pubblicitarie fatte con voci registrate.
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Anche in cucina il futuro non sarà dell'uomo
Anche gli uffici che assistono i contribuenti nella compilazione dei moduli delle tasse, potrebbero presto essere sostituiti da robot; come pure gli assistenti legali, che raggiungono il 94%. Secondo Dolittle, una delle più importanti compagnie di consulenza legale, nel prossimo ventennio centomila lavori nel settore potrebbero essere automatizzati. La rivoluzione toccherà anche il mondo della ristorazione. Un robot-cuoco potrebbe fra breve occupare le cucine delle catene di fast food. Il rischio è dell'81%.
Novità anticipata in realtà nella catena CaliBurger in cui per cottura degli hamburger è adoperato Flippy, un assistente-robot. Al sicuro invece sociologi e psicologi, con un rischio dello 0,3%; i nutrizionisti con lo 0,39%: i medici con lo 0,42 e i ministri di culto con lo 0,81. Intanto, fa notare il Guardian, le profezie di John Maynard Keynes al momento non hanno trovato riscontro. Nel 1930, il padre della macroeconomia moderna presagiva, infatti, per i suoi nipoti una settimana di lavoro di sole 15 ore. Piuttosto oggi è vero il contrario: nelle società più evolute le ore di lavoro non accennano a diminuire, nonostante i computer. In altre parole, la meccanizzazione non si traduce automaticamente in perdite di posti di lavoro. Almeno secondo Carl Benedikt Frey, uno dei curatori della ricerca della Oxford University.
Si salveranno creativi e specialisti delle emergenze
I lavori non scompariranno, ma verranno ridefiniti, rimodulati. Si finirà tagliati fuori dal mercato solo se privi delle competenze necessarie per affrontare questo tipo di cambiamento. Certo, ammette lo studioso, "dalla prospettiva del lavoratore non c'è molta differenza" tra vedere scomparire il proprio lavoro o assistere ad un cambiamento radicale, dal momento che in mancanza di competenze specifiche il risultato sarà lo stesso: essere tagliato fuori. Ovviamente i lavori in posizione più precaria sono quelli legati a "routine, ripetitività e prevedibilità" come spiega Martin Ford, autore del saggio "Robot: la tecnologia e la minaccia di un futuro senza lavoro".
Per lo specialista sono tre le aree occupazionali a riparo da una forma radicale di automatizzazione. La prima è quella in cui è richiesta creatività, sia essa in ambito scientifico, artistico o anche economico. In questo settore Ford assicura che al momento gli umani riescono ancora a battere i computer, ma non è possibile "garantire che tra vent'anni un computer non sarà l'entità più creativa sul pianeta". Il secondo segmento relativamente al sicuro è quello che comprende i lavori che implicano relazioni tra persone, come avviene nel settore sanitario, ad esempio. L'ultima aerea è quella che include le professioni in cui ci si confronta con un alto tasso di imprevedibilità, ad esempio quelle legati alla gestione delle emergenze.
Ma c'è anche un'altra conseguenza sociologica dell'automatizzazione in alcun modo trascurabile. A spiegarlo è Saadia Zahidi del World Economic Forum (WEF). Si tratta di una discriminazione di genere a svantaggio delle donne che sono sicuramente coinvolte meno degli uomini in aree come scienza e tecnologia. Al tempo stesso, però, le donne sono anche le più attive nei settori operativi meno sottoposti al rischio, come appunto sanità o istruzione. Il futuro, dicono gli analisti, apparterrà a coloro che riusciranno a costruire carriere diversificate, agili. Non ci saranno più impiegati legati ad una sola azienda, ma collaborazioni multiple. Per l'esperta Faith Popcorn, presto tutti avremo sette o otto lavori.