Il nuovo volto della tragedia delle ragazze di Chibok rapite da Boko Haram è quello del plagio e della resa psicologica: buona parte delle giovani ancora nelle mani dei terroristi nigeriani non vogliono tornare a casa e ad una vita normale. Fanno di tutto per restare dai loro aguzzini. Segno che la sottomissione è ormai quasi completa, e che sarà difficilissimo vincere quest'ultima battaglia contro gli estremisti islamici che da anni le tengono in pugno. Le 82 che sono state liberate nei giorni scorsi, ammettono ora le autorità dello stato di Borno, avrebbero dovuto essere molte di più. Ma all'ultimo momento diverse di loro si sono sfilate, puntando i piedi e riuscendo a non essere inserite nel gruppo.
"Intervenga il governo"
Ora si esige che il governo centrale imponga loro un ritorno che si fa estremamente problematico, dati anche i timori che alcune di loro nutrirebbero davanti alla prospettiva di un difficile reinserimento nella società di provenienza. Il presidente della Associazione per lo Sviluppo della Regione di Kibaku, Hosea Tsambibo, ha chiesto pubblicamente che si usino le maniere decise. "Chiediamo con forza che tutte le giovani che si rifiutano di rientrare siano costrette a lasciare l'enclave di Boko Haram", ha detto in modo esplicito, "esattamente come sono state costrette a entrarvi".
Si lavora a uno scambio tra prigioniere e detenuti
Il ministro per gli affari sociali e la questione femminile, Aisha Alhassan, usa toni più morbidi e rassicuranti: un altro gruppo di ragazze dovrebbe essere liberato nei prossimi giorni nell'ambito di uno scambio sul modello di quello di questa settimana. Le 82 appena liberate, ha assicurato, ora si trovano in alcune strutture sanitarie ad Abuja dove sono sottoposte alle necessarie terapie mediche e psicologiche. "Sono in corso negoziati per scambiare le ragazze ancora in prigionia con alcuni detenuti di Boko Haram", sono le parole della ministra, che lasciano trasparire una certa ansia quando aggiunge: "non possiamo permetterci di lasciarle dove sono un minuto di più".
"Le ragazze liberate tenute lontane dai parenti"
Il governo respinge con sdegno le accuse che hanno preso a circolare per il fatto che le giovani appena liberate siano state tenute lontano dai media e dagli stessi parenti. Se sono ricoverate, si fa sapere, è perchè hanno bisogno di cure. "Continuano ad essere tormentate dagli incubi, vanno tutelate da un'eccessiva esposizione mediatica e da domande che potrebbero essere traumatiche", sostengono le autorità
Quanto ai parenti, stanno arrivando progressivamente nella capitale per il ricongiungimento. Ci vorranno comunque giorni perchè "la maggior parte di loro abita in villaggi che si trovano molto lontano". Intanto le 21 ragazze liberate a ottobre dovrebbero tornare sui banchi di scuola a settembre. "Inizialmente non volevano farlo", racconta la ministra, "o almeno non volevano farlo a Chibok. Le cure cui sono state sottoposte, mirate alla reintegrazione, hanno avuto l'effetto sperato. Sono in grado di farlo, hanno superato una serie di test". Ed inoltre "i loro genitori sono in contatto con loro". Pronti a riportarle a casa, assicura ancora Alhassan. Sperando che tra qualche mese si possa dire lo stesso anche delle altre, che oggi pare non vogliano.