Budapest - L'Ungheria è chiamata domani alle urne per un referendum che potrebbe avere un forte impatto sulla politica dell'immigrazione dell'Unione europea e che rischia di provocare un altro terremoto politico dopo quello della Brexit. Il premier nazionalconservatore Viktor Orban, al potere dal 2010, ha deciso di consultare i cittadini sulla scelta dell'Ue di ripartire fra gli Stati membri i migranti arrivati con la recente ondata. "Dovremmo radunarli tutti e deportarli, non in Paesi Ue in territori fuori dall'Ue", ha dichiarato Orban in un'intervista a Tv2 alla vigilia del voto, "in campi finanziati dall'Ue e sorvegliati da personale armato, può essere un'isola o qualche tratto della costa nordafricana".
"Volete o no che la Ue decida quote di ripartizione di migranti tra i suoi Stati membri, senza prima ascoltare governi e parlamenti a sovranità nazionale?", è il quesito posto sulla scheda referendaria. I seggi si chiuderanno alle 19 ora locale ma l'interesse è soprattutto per vedere se si raggiungerà il quorum del 50% necessario per rendere valido il voto, visto che la vittoria del no è data per scontata in un Paese in cui l'80% è contrario all'accoglienza di migranti. E questo nonostante l'Ungheria sia stata chiamata a farsi carico di appena 1294 dei 160.000 richiedenti asilo da redistribuire da Italia e Grecia in tutta l'Ue.
Il referendum non è comunque vincolante sul piano giuridico ma, anche se non si raggiungesse il quorum, la scontata vittoria del 'no' su cui ha scommesso Orban rappresenterebbe una sconfitta politica per i governi di Francia, Germania e Italia, per la Commissione europea e per le maggiori forze politiche continentali, e gonfierebbe le vele dei movimenti populisti e xenofobi in crescita in tutta Europa. Inoltre darebbe forza alla battaglia dei Paesi dell'Europa centro-orientale, a partire dal Gruppo di Visegrad (Repubblica Ceca-Polonia-Slovacchia-Ungheria), contrari alle quote e decisi a farsi ascoltare da Bruxelles liberandosi dell'etichetta da serie B di "nuovi membri".
Orban, popolarissimo in patria, è un alfiere del contenimento dei migranti come dimostra la barriera alta 4 metri di filo spinato e lame di rasoio fatta erigere al confine serbo per impedire che il suo Paese si trasformasse in un corridiodo per i migranti diretti in Germania e Scandinavia. L'Ungheria ha anche adottato procedure di respingimenti veloci e severissime, in nome della difesa delle frontiere di Schengen, della sicurezza di tutti e dell'identità dell'Europa, che hanno fatto scendere gli arrivi da 351mila e oltre del 2015 a circa 17mila quest'anno.
Ong e altri Paesi membri accusano Budapest di trattare in modo disumano i migranti, compresi quelli che avrebbero diritto allo status di profughi. (AGI)