Roma - Il presidente egiziano Fatah al Sisi torna sul caso di Giulio Regeni, nega che ad uccidere il giovane ricercatore italiano siano stati i servizi segreti, accusa "persone malvagie" e i media locali di aver ingigantito il problema tirando in ballo gli apparati di sicurezza dello Stato e ribadisce che Il Cairo sta agendo con trasparenza. "Noi egiziani abbiamo creato il problema dell'omicidio del giovane italiano", ha affermato il presidente in un discorso in occasione dell'incontro con i portavoce dei gruppi parlamentari e del Consiglio nazionale per i diritti umani, i leader dei sindacati e dei gruppi editoriali. Secondo Al Sisi alcuni media locali, hanno trasformato il caso in un problema "molto più grave". "Ci sono alcuni mezzi di comunicazione a livello locale, che hanno lanciato criptiche accuse contro gli apparati di sicurezza che sarebbero responsabili dell'omicidio del giovane italiano", ha affermato. Secondo al Sisi, tali notizie sono state poi utilizzate dai media internazionali per lanciare accuse contro i servizi. Da qui, il monito ai media locali e internazionali, invitati a "non dipendere dai social network per scrivere i loro articoli sull'Egitto: il rischio è di innescare un vortice senza fine di voci e accuse infondate".
L'Egitto "ha agito in totale trasparenza", ha assicurato, ribadendo che "i rapporti con l'Italia sono unici". "Voglio dire che stiamo affrontando questo problema nel modo più trasparente", ha detto, invitando l'Italia ad inviare i propri investigatori sul campo per prendere parte ai passi compiuti dagli inquirenti e investigatori egiziani. "Voglio ricordare che il procuratore generale sta seguendo di persona le indagini, questo significa che il caso è in cima all'agenda dell'autorità giudiziaria", ha sottolineato al Sisi. Il presidente ha aggiunto: "Perché stiamo prestando la massima attenzione al caso Regeni? Perchè l'Italia è stata il primo paese a stare dalla nostra parte dopo la rivolta del 30 giugno".
Intanto una delegazione di parlamentari egiziani, tra cui Ahmed Hassan Helmy Said, fondatore del Liberal egyptian party, e Gamal Ali Abdel Aal, ex assistente del ministro degli Interni, hanno garantito che il Parlamento discuterà pubblicamente del caso per arrivare alla scoperta della verità. Lo hanno fatto durante un incontro a porte chiuse a Strasburgo con una delegazione di deputati del Partito popolare europeo (Ppe). Alla riunione ha partecipato anche Ehab Fawzy, ambasciatore dell'Egitto preso l'Unione europea. E proprio di fronte alla sede dell'Europarlamento di Strasburgo nel pomeriggio i deputati italiani hanno inscenato una breve protesta e un sit-in, mostrando uno striscione in cui si chiede 'Verità per Giuliò. Per il presidente della Commissione Affari esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, le parole di Al Sisi sono "importanti e manifestano un forte interessamento a non indebolire le relazioni con l'Italia. Ci auguriamo che a queste importanti affermazioni adesso seguano i fatti". (AGI)