Il Cairo - Sale la tensione tra Egitto e Italia. Il ministro degli Esteri Sameh Shoukry ha telefonato al titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni per esprimergli "il fastidio per l'orientamento politico" che, secondo Il Cairo, sta condizionando il modo in cui il governo italiano sta trattando il caso di Giulio Regeni, il ricercatore torturato ed ucciso al Cairo.
Secondo quanto riporta il quotidiano al Ahram, che cita il portavoce del ministro Ahmed Abu Zeid, Shoukry nel corso della conversazione ha detto a Gentiloni che la "trasparenza e la convinzione con cui l'Egitto sta rispondendo alla controparte italiana" è stata contraddetta dalla decisione dei magistrati di Roma di porre fine alla collaborazione e dalla decisione assunta dal governo di richiamare l'ambasciatore italiano, Maurizio Massari. "Il ministro degli Esteri ha sottolineato che questa svolta solleva domande sullo scopo di queste decisioni e fino a che punto queste siano collegate alla collaborazione (saltata, ndr) tra le due squadre di inquirenti", si legge in una dichiarazione pubblicata sulla pagina Facebook del ministero.
"Ribadisco che il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore al Cairo Maurizio Massari disposto dal ministro (Paolo) Gentiloni fa seguito agli sviluppi insoddisfacenti delle indagini sul caso Regeni e in particolare alle riunioni svoltesi a Roma tra i team investigativi italiano ed egiziani" ha detto il Sottosegretario agli Affari Esteri Vincenzo Amendola. "L'impegno e l'orientamento dell'Italia sono esclusivamente volti all'accertamento della verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni", ha concluso Amendola.
Tornati al Cairo i magistrati egiziani, che seguono a modo loro le indagini sul caso dell'assasinio di Giulio Regeni, hanno ribadito che non possono consegnare ai colleghi italiani i tabulati telefonici della cella della zona dove venne rapito il ricercatore italiano perché sarebbe "incostituzionale".
La procura di Roma non molla, avviata rogatoria su telefonate e video
Il procuratore capo aggiunto del Cairo, Mustafa Suleiman, ha confermato che la procura egiziana "non poteva fornire i tabulati delle telefonate di migliaia o, forse, di un milione di persone. Gli italiani ci hanno chiesto le telefonate di tutte le persone presenti nei posti dove è scomparso e dove è stato ritrovato Regeni. Si tratta di migliaia, forse un milione di telefonate", ha spiegato Suleiman. "La parte egiziana ha rifiutato questa richiesta non per nascondere qualcosa, ma perchè la Costituzione egiziana vieta di fornire informazioni di questo tipo. Abbiamo spiegato che, in base alla Costituzione, non abbiamo i poteri di fornire queste informazioni", ha aggiunto il procuratore aggiunto. "Ci siamo rifiutati di compiere un atto che andava contro la Costituzione, anche se gli italiani hanno sostenuto che la cooperazione giudiziaria fosse legata alla consegna dei tabulati telefonici relativi a migliaia di persone", ha detto Suleiman.
Dal Cairo giunge la versione egiziana, edulcorata e senza alcun riferimento all'insoddisfazione manifestata dagli inquirenti italiani, sulla cooperazione giudiziaria tra Italia e Egitto nelle indagini sull'uccisione di Giulio Regeni. Collaborazione che "va avanti in modo positivo" secondo il procuratore capo aggiunto del Cairo, Mustafa Suleiman che ha aggiunto: "L'Italia è tra i paesi migliori che collabora con noi sul piano giudiziario. Vogliamo proseguire in questa cooperazione". Suleiman ha sostenuto che gli inquirenti egiziani "hanno esaudito la maggior parte delle richieste italiane riguardo alle telefonate di Regeni al Cairo" e ha aggiunto: "Siamo intenzionati ad aiutare gli italiani con tutte le informazioni di cui necessitano " Inoltre, sempre secondo il procuratore egiziano il rapporto sull'autopsia medico-legale egiziana "corrisponde in gran parte con quello italiano". Gli inquirenti egiziani "daranno agli italiani le registrazioni delle telefonate di Regeni con altre tre persone", ha aggiunto. "Siamo qui in conferenza stampa per spiegare all'opinione pubblica egiziana che cosa è accaduto nel corso della missione della delegazione di investigatori egiziani a Roma - ha affermato Suleiman - Siamo ancora nella fase delle indagini e, per legge, siamo obbligati a mantenere il riserbo, tuttavia abbiamo deciso di dire la verità su quanto accaduto durante la visita"
La parte italiana ci ha chiesto i video ricavati dalle telecamere di sorveglianza della metro, ma noi non disponiamo di una tecnologia in grado di farci rivedere le immagini della telecamera di sorveglianza della stazione di Dokki, per questo abbiamo chiesto aiuto agli italiani", ha detto il procuratore. Nel corso della conferenza stampa, rispondendo alle domande dei giornalisti egiziani, Suleiman ha quindi negato quanto riportato dalla stampa italiana circa la richiesta, da parte italiana, della presenza di alti funzionari dello stato egiziano nella delegazione giunta a Roma. (AGI)