Da semplice Comunità europea del carbone e dell'acciaio a Nobel per la pace fino al rischio di disintegrazione: la storia dell'Unione europea è quella di uno straordinario viaggio che sarà celebrato a Roma il 25 marzo in occasione della firma del trattato istitutivo della Comunità economica europea. Il percorso ultra-sessantennale, segnato da numerosi successi e da crisi profonde era stato sintetizzato efficacemente dal comitato del Nobel norvegese nel 2012 quando attribui' il premio per la Pace all'Ue. "La guerra tra Germania e Francia è diventata impensabile", si leggeva nelle motivazioni. Con la fine delle dittature in Grecia, Spagna e Portogallo negli anni ottanta e la caduta del muro di Berlino le divisioni tra Est e Ovest "sono finte, la democrazia è stata rafforzata e molti conflitti nazionali su base etnica sono stati risolti". Con l'attribuzione del premio nel pieno della crisi della zona euro, il Comitato del Nobel voleva "concentrarsi" sui risultati più importanti: "il ruolo stabilizzatore giocato dall'Ue ha contribuito a trasformare gran parte d'Europa da continente di guerra a continente di pace".
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Ma i saggi norvegesi non avevano fatto i conti con la rivolta populista e nazionalista che di li' a poco avrebbe messo in discussione l'esistenza stessa dell'Ue. Le scadenze elettorali di questo 2017 saranno decisive per la sopravvivenza del progetto. "Qualcuno ha parlato del rischio di un 1989 alla rovescia, in cui l'Europa si caratterizza per ricostruire muri", ha avvertito il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, durante un dibattito all'Europarlamento sul vertice di Roma: "è un rischio che possiamo e dobbiamo impedire".
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Da Atene a Berlino, venti pupulisti soffiano sull'Ue
Il referendum sulla Brexit del 23 giugno 2016 è stato l'episodio più evidente della dinamica disgregatrice innescata da populisti e nazionalisti di sinistra e di destra. Con l'uscita del Regno Unito, per la prima volta in 60 anni, un'Unione che si voleva "sempre più stretta" - così dice il Trattato - ha perso uno dei suoi membri.
Un anno prima, il 5 luglio del 2015, era stata la zona euro a rischiare di perdere la Grecia, dopo un altro referendum, questa volta indetto da Alexis Tsipras per cercare di rafforzare la sua posizione nel braccio di ferro con i creditori internazionali di Atene. I sostenitori della Brexit nel Regno Unito e Tsipras in Grecia possono essere su sponde politiche opposte, ma entrambi incarnano forme di populismo e nazionalismo spinto, di destra e di sinistra, che hanno trovato terreno fertile nell'elettorato europeo.
Le elezioni del 15 marzo in Olanda lo hanno appena dimostrato. Con il 13% il leader di estrema destra anti-europeo, Geert Wilders, non ha sfondato, ma il suo Partito della Libertà si è comunque piazzato al secondo posto. IL 10% degli elettori olandesi continua a sostenere il Partito socialista, una formazione dell'estrema sinistra populista, visceralmente anti-europeo.
Il populismo di destra e di sinistra caratterizza anche le presidenziali di aprile e maggio in Francia e le legislative di settembre in Germania. Nella corsa per l'Eliseo, la favorita nel primo turno è la leader di estrema destra Marine Le Pen, ma il suo alter-ego di estrema sinistra Jean-Luc Melenchon dovrebbe ottenere più del 10% dei voti. In quella per il Bundestag, oltre all'irruzione dell'estrema destra di Alternativa per la Germania potrebbe esserci un rafforzamento dell'estrema sinistra di Die Linke.
Altre forme di populismo e nazionalismo hanno trovato espressione nei paesi dell'Est, entrati con il grande allargamento del 2014. Le democrazie cosiddette "illiberali" dei leader nazionalisti Viktor Orban in Ungheria e Lech Kaczynski in Polonia rendono più difficile il funzionamento dell'Ue.
Il vero test è la Francia
Secondo diversi responsabili politici e osservatori - è la Francia il test chiave del pericolo disgregazione nel 2017. "Un conto è l'uscita del Regno Unito, che è sempre stato un membro riottoso. Un conto sono Polonia e Ungheria, che hanno un peso limitato. Un altro conto è la Francia, che è al cuore del progetto europeo", spiega un diplomatico. Una vittoria di Le Pen, per quanto improbabile, non è più esclusa a Bruxelles: la "Frexit" (l'uscita della Francia, ndr) provocherebbe "la fine dell'euro e dell'Ue", dice il diplomatico. L'implosione dell'Ue potrebbe anche avvenire a causa dell'Italia, dove le forze politiche anti-euro - secondo i sondaggi - raccolgono complessivamente intenzioni di voto superiori al 50%.
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L'Europa della Germania: 9 stati per Berlino
In caso di disfacimento dell'attuale progetto comunitario causato da Francia o Italia, alcuni analisti vedono l'emergere di una nuova Ue costruita attorno alla Germania, formata da:
- Olanda
- Lussemburgo
- Belgio
- Paesi Scandinavi
- Baltici
- Austria
- Slovacchia
- Repubblica ceca
- Polonia
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Un virus europeista contagia la politica
Può sembrare paradossale, ma la rivolta populista di estrema destra ed estrema sinistra ha anche nascere un movimento di rinascita europeista.
- In Francia, il candidato indipendente Emmanuel Macron, favorito per il ballottaggio, sostiene apertamente l'Ue.
- In Olanda, i grandi vincitori in termini di seggi sono stati i liberali di sinistra dei D66 e i Verdi di GroenLinks, che hanno fatto campagna a favore dell'Europa e contro il nazionalismo di Wilders.
- In Italia, Emma Bonino e Benedetto della Vedova stanno cercando di fare la stessa cosa con Forza Europa, che potrebbe rappresentare l'embrione di un partito chiaramente pro-Ue alle prossime elezioni.
- In Spagna, gli europeisti liberali di Ciudadanos hanno ottenuto il 14% alle politiche del 2016.
- L'Est europeo non è immune dal contagio europeista: in Polonia nel 2015 è nato Nowoczesna (Moderno), partito liberale e europeista, che i sondaggi danno saldamente sopra 10 per cento.
- In Repubblica ceca, il partito europeista Ano è in testa in vista delle elezioni di ottobre. Il futuro dell'Ue potrebbe giocarsi sulla nuova frattura politica tra nazionalisti e europeisti.