Il ministro britannico del lavoro e della previdenza, Amber Rudd, ha annunciato le sue dimissioni sabato sera in disaccordo con la strategia del primo ministro Boris Johnson sul Brexit. "Non posso rimanere quando sono esclusi i conservatori buoni, leali e moderati", ha detto il ministro e deputato in una dichiarazione, riferendosi all'espulsione dei 21 membri del Partito conservatore che hanno votato questa settimana con l'opposizione su un disegno di legge per evitare una Brexit senza accordo.
"Caro Primo Ministro, è con grande tristezza che mi dimetto da ministro del Lavoro e delle pensioni e da ministro per le Donne e l'Equità", scrive Rudd nella lettera di dimissioni. "È stato un onore servire in un dicastero che supporta milioni di persone e puo' essere una gran forza per il bene. Vorrei rendere omaggio alle migliaia di persone che lavorano per il DWP in tutto il paese".
Rudd sottolinea che "questa è stata una decisione difficile. Sono entrata nel suo Gabinetto in buona fede: accettando che il "No Deal" fosse sul tavolo, perché significava che avremmo le migliori possibilità di raggiungere un nuovo accordo per partire il 31 ottobre. Comunque, non credo piu' che l'uscita con un accordo sia il principale obiettivo del governo. Il governo sta spendendo enormi energie per prepararsi al "No Deal" ma non ho visto lo stesso livello di intensità nei colloqui con l'Unione Europea che ci ha chiesto di presentare soluzioni alternative al backstop irlandese".
Un altro problema per Boris Johnson
Con l'uscita dal governo del ministro, il premier Boris Johnson incassa un nuovo duro colpo, dopo aver perso la maggioranza in Parlamento e aver visto approvata la legge contro la Brexit 'senza accordo'.
Amber Rudd, 56 anni ministro del Lavoro e delle Pensioni e ministro per le Donne e l'Equità, è un peso massimo nel partito conservatore, già ministro dell'Interno con Theresa May.
"Il governo Johnson sta crollando", ha reagito su Twitter Keir Starmer, referente sulla Brexit all'interno del Labour, il principale partito di opposizione. Nigel Farage, leader europeo del partito pro-Brexit, si chiedeva sullo stesso social network "perché Boris aveva affidato incarichi ministeriali a Remainers (a favore del loro mantenimento nell'UE, ndr)".
Giovedì, il fratello di Boris Johnson, Jo, ha sbattuto la porta del governo, spiegando che "l'interesse nazionale" dovrebbe essere anteposto alla "fedelta' della famiglia". Con queste nuove dimissioni, il premier è inghiottito in una crisi politica da cui sembra difficile uscire.
I deputati hanno adottato mercoledì un testo che lo obbliga a rinviare di tre mesi la data della Brexit, prevista per il 31 ottobre, se non troverà un accordo di divorzio con l'Unione europea entro il 19 ottobre, subito dopo il prossimo Consiglio europeo.
Anche i Lord hanno votato a favore del testo venerdì. Quest'ultima deve ora ricevere il via libera della regina Elisabetta II, già lunedì, per diventare legge. Il Premier ha detto che preferirebbe "morire in un fosso" piuttosto che rinunciare alla Brexit. Ha sempre detto che il suo paese lascera' l'Unione europea il 31 ottobre, che si tratti o meno di un accordo con l'Unione europea. Ora spera che l'opposizione approvi la sua richiesta di indire elezioni anticipate a meta' ottobre, al fine di dotarsi di una maggioranza che lo sostenga nei suoi progetti.
Il governo ha già cercato questa settimana di convincere i parlamentari ad approvare elezioni anticipate. Il successo è tutt'altro che garantito per il secondo tentativo del governo di lunedì, con i partiti dell'opposizione che preferiscono assicurarsi prima che il paese non lasci l'Unione europea senza accordo. Tuttavia, un ulteriore rinvio della Brexit, inizialmente prevista per il 29 marzo e rinviata due volte, dovrà essere approvato all'unanimità dagli altri 27 Stati membri dell'UE.