La Bibbia scompare dalle piattaforme di e-commerce in Cina. I grandi nomi delle vendite on line, come Taobao, gestito dal colosso di Jack Ma, Alibaba, Jd.com e Amazon.cn, non hanno più in vendita le Sacre Scritture, in quella che appare come una mossa dettata da Pechino per restringerne la distribuzione.
Una ricerca sui portali di e-commerce più popolari, Taobao e TMall, entrambi gestiti da Alibaba, rimanda, invece, all’acquisto di libri a essa collegati, come il dizionario enciclopedico della Bibbia, o a volumi illustrati delle Scritture.
La rimozione della Bibbia dai canali di e-commerce, secondo quanto riferisce una fonte del mondo dell’editoria cinese al South China Morning Post di Hong Kong, sarebbe cominciata il 30 marzo scorso e alcuni negozi di libri cristiani su Taobao sarebbero stati chiusi in maniera permanente.
Il quotidiano cita anche il caso di una libreria dedicata alla religione cristiana su WeChat, il WhatsApp cinese, i cui contenuti sarebbero stati all’improvviso cancellati dalla piattaforma di messaggistica. La Bibbia viene normalmente stampata in Cina, ma il testo non è rintracciabile attraverso i normali canali di vendita: l’avvento dell’e-commerce aveva contribuito ad aggirare le restrizioni e a favorirne la distribuzione.
Il bando coincide anche con l’introduzione delle nuove regole sulla religione, che devono adattarsi ai principi della società socialista, e al revival, annunciato già nel 2013, delle fedi religiose tradizionali, come il taoismo e il buddhismo.
A fare da cornice alla vicenda, ci sono state anche le voci, smentite dalla Santa Sede, di un imminente accordo con il Vaticano che avrebbe coperto anche il delicato nodo della nomina dei vescovi, punto cruciale per raggiungere un’intesa tra Pechino e Città del Vaticano. Il rapporto con la Chiesa Cattolica sarebbe ancora complicato, stando alle ultime dichiarazioni ufficiali. La Cina si è prodotta in “sforzi reali” per avvicinarsi al Vaticano, ha dichiarato nei giorni scorsi un ex dirigente dell’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi, Chen Zongrong, ma allo stesso tempo, ha spiegato il funzionario, non ritiene che il controllo della nomina dei vescovi da parte dello Stato debba considerarsi come una minaccia alla libertà religiosa.